Cannabis medica (CM) in infanzia ed adolescenza


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La prima e fondamentale domanda per l’uso di cannabis in età evolutiva, come per tutti i farmaci, riguarda la possibilità che ne sia stabilita sicurezza ed efficacia per il disturbo che ci si propone di trattare e quali possono essere i limiti e le attenzioni che si impongono.
Rispondere al quesito non è semplice. Per questo riporto una breve panoramica della letteratura scientifica sui rischi dell’uso della cannabis in età evolutiva.

Le attuali conoscenze sugli effetti collaterali a lungo termine dei cannabinoidi si basano principalmente sul follow-up longitudinale dei consumatori di cannabis ricreativa.

Le ricerche tendono a valutare se ci sono cambiamenti strutturali nel SNC di minori utilizzatori di cannabis, se vi sono alterazioni nel funzionamento intellettivo e se l’uso può favorire il manifestarsi di patologie psichiatriche come la schizofrenia. Articoli recenti mostrano che se le ricerche sulla cannabis sono costruite in modo da eliminare altre possibili ragioni di deficit e sono longitudinali, ovvero costrite con molta attenzione, non si osservano danni organici e le difficoltà cognitive rimangono circostritte alle 3-4 ore successive l'inalazione o in forti utilizzatori se si astengono per 72 ore.  leggi altro

Così come viene ridimensionato anche il rischio scompenso psicotico (vedi cannabis e schizofrenia).




Cannabis medica e Disturbo dello spettro autistico

Vi sono numerose ricerche svolte su persone affette da ASD.

Uno studio recentemente pubblicato e condotto in Israele, ha esaminato la sicurezza e l'efficacia dell'uso di cannabis medica in 188 pazienti con ASD. La maggior parte dei pazienti è stata trattata con olio di cannabis (1,5% di THC e 30% di CBD) e per valutare l’efficacia del trattamento sono stati monitorati aspetti della vita quotidiana, umore e qualità della vita. Solo 93 genitori su 155 hanno partecipato al follow-up di sei mesi.

Dopo sei mesi di trattamento l'82,4% dei pazienti (155) era in trattamento attivo e il 60,0% (93) è stato valutato; 28 pazienti (30,1%) hanno riportato un miglioramento significativo, 50 (53,7%) moderato, 6 (6,4%) lieve e 8 (8,6%) non hanno avuto cambiamenti nelle loro condizioni.    CONTINUA A LEGGERE

Molteplici ricerche convergono a sostegno dell'ipotesi che il sistema cannabinoide sia coinvolto nel disturbo schizofrenico. La prima osservazione è venuta da uno studio longitudinale in Svezia, che sembrava mostrare un'associazione tra l'uso di cannabis e la schizofrenia (1). Ciò era coerente con le osservazioni che le persone con schizofrenia utilizzano la cannabis con elevata frequenza, al punto da soddisfare spesso i criteri per il disturbo da uso di cannabis (2).

È stato osservato che i tossicodipendenti schizofrenici hanno spesso un'età significativamente più bassa di insorgenza dei sintomi psicotici e successiva diagnosi di malattia, con l’impressione che l’utilizzo di cannabis possa aver precipitato la malattia.(3) Leggi altro


L’uso di cannabis nei disturbi infiammatori intestinali. (IBD)

 Secondo Scott et al. 2020, rimane ancora difficile definire il reale ruolo che I cannabinoidi possono svolgere in questi disturbi. L’autore evidenzia un utilizzo diffuso e più spesso spontaneo, anche in età evolutiva, dei cannabinoidi per alleviare i disturbi connessi alle malattie infiammatorie come dolori crampiformi e inappetenza. I disturbi influenzano spesso negativamente il riposo notturno e la cannabis viene spesso utilizzata anche per contrastare l’insonnia. (1)


Vi è un notevole interesse riguardo al potenziale antidolorifico e antiinfiammatorio della cannabis modulato dei recettori EC1 ed EC2 (2) Continua a leggere

Sul disturbo post traumatico da stress:


https://www.cannabisterapeutica.info/2015/03/05/i-benefici-della-cannabis-nel-trattamento-del-disordine-da-stress-post-traumatico/

I benefici della cannabis nel trattamento del disordine da stress post traumatico

Marzo 5 2015 | Patologie, ptsd, Studi scientifici


Altro articolo molto ricco di informazioni:

https://cannabiscienza.it/pubblicazioni/patologie/stress-post-traumatico-cannabis-immigrazione/

Stress Post-Traumatico, immigrazione e come la Cannabis può aiutare

Autore: Viola Brugnatelli Qualifica: Neuroscienziata Data: 03/07/2019


Altro articolo:

https://www.kalapa-clinic.com/it/risultati-promettenti-sulluso-di-cannabis-per-la-sintomatologia-dei-disturbi-post-traumatici-da-stress/

 VEDI ALTRI ARTICOLI

Cannabis medica e Disturbo di Tourete

La sindrome di Gilles de la Tourette (TS)


La sindrome di Tourette è un disturbo neuropsichiatrico cronico caratterizzato da tic motori e vocali.

I trattamenti di prima linea per i tic sono gli antipsicotici e le terapie comportamentali specifiche per i tic. Tuttavia, a causa della difficoltà per accedere ad interventi psicologici specifici o per la loro, a volte, solo parziale utilità ed anche per i frequenti  eventi avversi dei farmaci antipsicotici, molti pazienti cercano opzioni di trattamento alternative, inclusa la cannabis.


Di seguito riportiamo il progetto di un'ampia ricerca svolta su adulti con Sindrome di Tourette (TS) utilizzando come farmaco un estratto di cannabis il: "Nabiximoli".

Siamo in attesa dei risultati che dalle anticipazioni sembrano confermare sicurezza ed efficacia dalla CM nella TS.


Il Nabiximoli è uno spray oromucosale standardizzato contenente una combinazione definita di delta-9-Tetraidrocannabinolo [ delta-9-THC ] e Cannabidiolo ( ogni 100 microl di attivazione conteneva 2.7 mg di delta-9-THC e 2.5 mg di Cannabidiolo.


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Sul disturbo post traumatico da stress:


https://www.cannabisterapeutica.info/2015/03/05/i-benefici-della-cannabis-nel-trattamento-del-disordine-da-stress-post-traumatico/

I benefici della cannabis nel trattamento del disordine da stress post traumatico

Marzo 5 2015 | Patologie, ptsd, Studi scientifici


Altro articolo molto ricco di informazioni:

https://cannabiscienza.it/pubblicazioni/patologie/stress-post-traumatico-cannabis-immigrazione/

Stress Post-Traumatico, immigrazione e come la Cannabis può aiutare

Autore: Viola Brugnatelli Qualifica: Neuroscienziata Data: 03/07/2019


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 VEDI ALTRI ARTICOLI

https://it.cannabis-mag.com/Cannabis-medici-bambini/grafo

https://it.cannabis-mag.com/ces-enfants-du-connecticut-traites-au-cannabis-medical/


Seguendo i link si arriva a pagiene dedicate all'uso pediatrico della cannabis con quasi esclusiva attenzione all'epilessia. Bisogna ricordare che sicuramente alcune forme di epilessia restenti ai comuni trattamenti hanno risposto piuttosto bene ai farmaci a base di CBD. I dosaggi da raggiungere sono piuttosto elevati.


Nei prossimi giorni approfondimenti


sistema endocannabinoide

sistema endocannabinoide

Storia degli usi medici della cannabis

Le informazioni che seguono sono ricavate da diverse fonti. Mi preme però ricordare, come fonte, il libro “ERBA MEDICA” ed stampa alternativa 2002, sempre molto interessante e stimolante nonostante la data di pubblicazione. Altri testi sono citati nel corso della presentazione oltre alla bibliografia.

 

La storia della canapa si intreccia strettamente con la realtà sociale ed economica umana. La canapa ha accompagnato importanti produzioni agricole per tessuti, alimentazioni, costruzioni e per la salute come cura in diversi disturbi ed infine per facilitare pratiche spirituali.

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Cannabis medica e Cefalea tensionale

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CM

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Cannabis medica

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Disturbo dello Spettro Autistico e cannabis medica

Definizione di autismo e disturbi in comorbilità


L’AUTISMO NEL DSM-5

Il DSM 5 (1) combina i deficit sociali e comunicativi (i vecchi criteri DSM IV) in un’unica dimensione, riducendo a due i tre domini definiti nel DSM IV.

Quindi, nel DSM 5, per essere diagnosticato con disturbo dello spettro autistico, un individuo deve presentare:

   A – Deficit persistente della comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti;

   B – Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi.

Queste due dimensioni sono la base della diagnosi dimensionale di disturbo dello spettro autistico nel DSM 5 che va combinata con altri descrittori specifici che delineano l’intensità e il livello di altre caratteristiche della condizione.

Inoltre, un ulteriore aspetto peculiare del DSM 5 è il comprendere nel criterio B, dei pattern di comportamento e interessi ristretti, gli aspetti legati all’alterazione della percezione sensoriale (es. ipersensibilità).

Insieme alle due dimensioni di base, viene integrata nella formulazione della diagnosi di disturbo dello spettro autistico la rilevazione dei seguenti specificatori:

   Con o senza compromissione intellettiva concomitante;

   Con o senza compromissione del linguaggio;

   Associata a una condizione medica o genetica nota o fattore ambientale;

   Associata a un altro problema del neurosviluppo, mentale o di comportamento.

Ulteriore fondamentale criterio di valutazione che viene proposto dal DSM 5 per l’autismo è il livello di gravità e di supporto richiesto suddiviso sui 3 livelli che descrivono il livello di compromissione tramite la descrizione delle due dimensioni principali (criteri A e B) sui 3 gradi di gravità:

   Livello 1 – Necessario un supporto

   Livello 2 – Necessario un supporto significativo

   Livello 3 – Necessario un supporto molto significativo.

Altri aspetti peculiari inseriti riguardano il fatto che i sintomi devono essere presenti precocemente e che la compromissione funzionale nei vari contesti di vita non deve essere spiegata da compromissione intellettiva o da un quadro di ritardo nello sviluppo. (1)

Sappiamo inoltre che nei Disturbi della Spettro Autistico (ASD) vi sono diverse manifestazioni associate, le manifestazioni in comorbilità più frequenti (2) sono:

Neurologiche psichiatriche: epilessia, dolori e cefalea, irritabilità, aggressività e comportamenti autolesionistici, depressione, ansia e disturbo ossessivo compulsivo, Disturbo da Tic e sindrome di Tourette e disturbo del sonno.

Allergie e patologie autoimmuni

Sintomi gastrointestinali: i disturbi gastrointestinali sono molto frequenti possono interessare fino al 70% delle persone con diagnosi di ASD. Più frequentemente sono alterazioni della motilità intestinale accelerata o rallentata e forme di colon irritabile, vi è anche maggior incidenza dei disturbi intestinali infiammatori (Colite ulcerosa e malattia di Crohn). Anche il disturbo da reflusso gastro-esofageo ha una prevalenza elevata tra chi presenta ASD, vi sono poi molte osservazioni che riguardano il dismicrobismo intestinale. Il dismicrobismo intestinale è un'alterazione della flora batterica intestinale ed è conosciuto anche come disbiosi.

 

Gli autori (2) che hanno evidenziato le manifestazioni associate al ASD suggeriscono che la cannabis possa essere utile nel contrastare i sintomi degli stessi disturbi. A dimostrazione riportano le ricerche, non necessariamente svolte su persone con ASD, che confermano come la cannabis possa essere migliorativa nelle patologie elencate.

Vantaggi nell’uso della cannabis nei disturbi associati all’ASD:

Epilessia: la cannabis è stata usata come trattamento per l'epilessia per millenni, ma solo di recente sono stati condotti studi controllati e randomizzati che hanno permesso di comprendere il ruolo del CBD nel trattamento delle convulsioni. Circa il 30% dei pazienti con epilessia presenta resistenza farmacologica che si associa a grave morbilità e aumentata mortalità.(3) Mentre qualsiasi forma di epilessia può essere farmacologicamente resistente, l’epilessia associate alla sindrome di Dravet, Sindrome di Lennox Gastaut e le forme resistenti in corso di Sclerosi Tuberosa possono essere trattate con CBD. Diversi studi hanno riscontrato una riduzione nel numero di crisi con il trattamento con CBD, così che GW Pharmaceuticals ha sviluppato Epidiolex. L'approvazione di Epidiolex da parte della FDA per il trattamento dell'epilessia ha suscitato grande interesse per il potenziale ruolo terapeutico del CBD in altre condizioni.

Dolore: la percezione del dolore è estremamente complessa sia nelle persone neurotipiche che nelle persone con ASD. Storicamente, la cannabis medica è stata usata per il trattamento del dolore nei pazienti con malattia terminale. Più recentemente, la cannabis medica e il CBD sono stati proposti come alternative per la gestione del dolore cronico. Una recente revisione sistematica e meta-analisi esaminando 28 studi randomizzati per un totale di 2454 pazienti con dolore cronico ha evidenziato che rispetto al placebo, i cannabinoidi erano associati ad una maggiore riduzione del dolore (37% vs 31%; OR 1,41,95%) rispetto al placebo.(4)

Molti studi hanno evidenziato che dolori neuropatici e viscerali, classicamente molto difficili da trattare, possono rispondere al trattamento con cannabinoidi. (5-6)

La cannabis, inoltre, è riconosciuta efficace nel dolore neuropatico. Sappiamo che il dolore neuropatico è causato da un danno o da una disfunzione del sistema nervoso periferico o centrale, piuttosto che dalla stimolazione dei recettori per il dolore. La diagnosi è suggerita da dolore sproporzionato rispetto al danno tissutale, alle disestesie (p. es., bruciore, intorpidimento) e ai segni di lesione nervosa rilevati durante l'esame neurologico. (https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-neurologiche/dolore/dolore-neuropatico).

Per il dolore neuropatico è prevista dalla legge regionale Emilia-Romagna la dispensazione gratuita della cannabis medica.

Sebbene sia molto difficile indagare con certezza la presenza di dolore neuropatico in persone con ASD vi è spesso il sospetto della presenza di alterazioni nella percezione del dolore in presenza di crisi di agitazione o  del prolungarsi di manifestazione dolorose senza apparente causa. (Avendo escluso con esami ematici e strumentali cause evidenti).

La sintomatologia del dolore neuropatico è caratterizzata più frequentemente da disestesie (dolore urente spontaneo o evocato, spesso accompagnato da una componente lancinante superimposta) ma il dolore può essere anche profondo e sordo. Possono anche comparire altre sensazioni, p. es., iperestesia, iperalgesia, allodinia (dolore dovuto a uno stimolo innocuo) e iperpatia (risposta esagerata al dolore e particolarmente spiacevole).

 

Depressione e ansia: il CBD dimostra effetti ansiolitici ed antidepressivi in modelli animali.(7) Nei topi, CBD esercita effetti antidepressivi rapidi e prolungati, che sono accompagnato da aumento dei livelli di serotonina e glutammato.(8)

Tic motori e sindrome di Tourette: È stato segnalato che diversi pazienti con la sindrome di Tourette hanno osservato un miglioramento, spontaneo, nei tic mentre fumano cannabis ad uso ludico.(9)

Un'indagine su pazienti con La sindrome di Tourette (64 pz di cui il 27% faceva uso di cannabis) ha rivelato una riduzione o una remissione completa di tic nell'82% dei pazienti trattati con cannabis, i miglioramenti si sono verificati anche per le manifestazioni ossessivo compulsivo.(10)

Questi miglioramenti nei tic motori e vocali possono riguardare un effetto diretto sulla funzione motoria a partire dai recettori endocannabinoidi dello striato o possono essere secondari a una riduzione di ansia, con riduzione indiretta dei tic. (11)

Vi sono numerose ricerche svolte su persone affette da ASD.

Uno studio recentemente pubblicato e condotto in Israele, ha esaminato la sicurezza e l'efficacia dell'uso di cannabis medica in 188 pazienti con ASD. La maggior parte dei pazienti è stata trattata con olio di cannabis (1,5% di THC e 30% di CBD) e per valutare l’efficacia del trattamento sono stati monitorati aspetti della vita quotidiana, umore e qualità della vita. Solo 93 genitori su 155 hanno partecipato al follow-up di sei mesi.

Dopo sei mesi di trattamento l'82,4% dei pazienti (155) era in trattamento attivo e il 60,0% (93) è stato valutato; 28 pazienti (30,1%) hanno riportato un miglioramento significativo, 50 (53,7%) moderato, 6 (6,4%) lieve e 8 (8,6%) non hanno avuto cambiamenti nelle loro condizioni. Ventitré pazienti (25,2%) hanno sperimentato almeno un effetto collaterale; il più comune è stato l'irrequietezza (6,6%) seguita da sonnolenza.

Così gli autori concludono che la cannabis nei pazienti con ASD sembra essere un'opzione ben tollerata, sicura ed efficace per alleviare i sintomi associati all'ASD (12).

 

In un altro studio condotto sempre in Israele (13), a 53 bambini con ASD sono stati somministrati cannabinoidi orali con rapporto 1:20 di THC:CBD. Il trattamento è stato utilizzato per una durata media di 66 giorni, a una concentrazione del 30%, con una dose giornaliera raccomandata di 16 mg / kg per CBD e 0,8 mg / kg di THC (dose giornaliera massima di 600 mg e 40 mg rispettivamente). Lo studio ha esaminato i cambiamenti nei sintomi dei disturbi associati nei soggetti ASD utilizzando interviste bisettimanali con i genitori. Sono stati monitorati: iperattività, problemi di sonno, autolesionismo e ansia.

Autolesionismo e attacchi di rabbia (n = 34) sono migliorati nel 67,6% e sono peggiorati nell'8,8%. I sintomi di iperattività (n = 38) sono migliorati nel 68,4%, non sono cambiati nel 28,9% e sono peggiorati nel 2,6%. I problemi di sonno (n = 21) sono migliorati nel 71,4% e sono peggiorati nel 4,7%.

Ansia: 17 soggetti della ricerca presentavano sintomi d’ansia. Otto pazienti (47,1%) hanno avuto un miglioramento dei sintomi, cinque pazienti (29,4%) non hanno avuto cambiamenti e un peggioramento dei sintomi è stato segnalato in quattro pazienti (23,5%). Non c'era differenza statisticamente rispetto al trattamento convenzionale pubblicato in letteratura (p = 0,232).

Gli autori riportano un miglioramento complessivo dei sintomi delle comorbilità ASD di 51 pazienti su 53 nel 74,5%. Nessun cambiamento è stato riportato nel 21,6% e un peggioramento nel 3,9%. Due pazienti non avevano una relazione sul loro miglioramento complessivo.

Sono stati, inoltre, riportati lievi effetti avversi come sonnolenza e diminuzione dell'appetito rispettivamente in 12 e 6 bambini. Gli autori non hanno riportato differenze statisticamente significative  con vantaggio per l’olio di cannabidiolo rispetto ai trattamenti convenzionali in particolare per i sintomi: iperattività, sonno e ansia. (13).

 

Un terzo studio israeliano si è concentrato sui bambini con ASD e gravi problemi comportamentali e ha valutato la tollerabilità e l'efficacia della cannabis ricca di cannabidiolo. Lo studio ha valutato sistematicamente 60 bambini. Ai partecipanti è stato prescritto CBD e THC in un rapporto 20: 1, come estratto di pianta disciolto in olio d'oliva ("la dose giornaliera totale media era 3,8 ± 2,6 mg / kg / giorno CBD e 0,29 ± 0,22 mg / kg / giorno THC per bambini che hanno ricevuto tre dosi giornaliere (n = 44) e 1,8 ± 1,6 mg / kg / giorno di CBD e 0,22 ± 0,14 mg / kg / giorno di THC per i bambini che hanno ricevuto due dosi giornaliere (n = 16) ") (15).

Lo studio ha rilevato che il 61% dei problemi comportamentali tra i partecipanti erano " migliorati" o "molto migliorati" secondo quanto riferito dai genitori. Il miglioramento è stato riscontrato anche nei livelli di ansia nel 39% dei bambini e un miglioramento del 47% nella comunicazione. I comportamenti distruttivi valutati da appositi questionari hanno mostrato miglioramenti rispettivamente del 29 e del 33%. Un ulteriore vantaggio dopo il trattamento con cannabis era la ridotta assunzione di altri farmaci; Il 24% dei partecipanti ha smesso di assumere farmaci, oltre il 30% dei bambini ha ricevuto meno farmaci o una dose inferiore e l'8% ha ricevuto una dose maggiore (15).

Sono stati osservati effetti collaterali che più comunemente includevano ipervigilanza, con peggioramento dei problemi di sonno (14%), irritabilità (9%), perdita di appetito (9%) e irrequietezza (9%). Altri eventi avversi citati frequentemente includevano sintomi gastrointestinali, cambiamenti di umore, affaticamento e risate inspiegabili. È stato segnalato un evento avverso grave, con un partecipante che ha sperimentato un evento psicotico transitorio. Lo studio suggerisce che i ceppi di cannabis medica con un'alta concentrazione di THC (rapporto 6: 1 THC -CBD) potrebbero aumentare la probabilità di scompenso psicotico. (16).

In uno studio cileno pubblicato da Kuester et al. (17) sono stati esaminati gli effetti degli estratti di cannabis sui sintomi dell'ASD in un piccolo campione di 20 bambini e un adulto con ASD. I partecipanti sono stati monitorati dopo aver assunto per via sublinguale estratti di cannabis di piante intere per almeno 3 mesi. Quasi il 72% dei partecipanti ha utilizzato un estratto bilanciato THC:CBD, il 19% ha utilizzato un'opzione ad alto contenuto di CBD e quasi il 10% ha utilizzato estratti ad alto contenuto di THC. I risultati sono stati valutati utilizzando il Clinical Global Impression of Improvement (18) e l'Autism Parenting Stress Index (19).

Sulla base di queste valutazioni testistiche, il 66,7% dei partecipanti ha mostrato un miglioramento significativo in almeno un sintomo principale di ASD come comportamenti ripetitivi, linguaggio e comunicazione sociale. Alcuni miglioramenti sono stati riferiti dalla maggior parte dei partecipanti, come maggior propensione ad accettare il cibo, riduzione dell’ipersensibilità sensoriale, miglioramento dell’epilessia e dei disturbi del sonno. Tre pazienti hanno riportato effetti collaterali: aumento dell'agitazione (n=2) e irritabilità (n=1). Queste condizioni sono state risolte cambiando la varietà di cannabis (17).

 

Uno dei primi studi pubblicati sull’uso di cannabinoidi nell’autismo riguarda un bambino di 6 anni con ASD condotto in Austria utilizzando Dronabinol (THC). Il bambino ha ricevuto THC sciolto in olio di sesamo con un dosaggio iniziale al mattino costituente una goccia (0,62 mg) che è gradualmente aumentata nel corso dei 6 mesi fino alla dose massima tollerata di due gocce al mattino, una goccia a mezzogiorno e tre gocce alla sera (dose totale di 3,62 mg). Sono stati osservati miglioramenti significativi in iperattività, irritabilità, stereotipie vocali, miglioramento nell’uso del linguaggio e dei comportamento stereotipati. I miglioramenti sono stati osservati sulla base di valutazioni con confronto tra i sintomi di base precedenti il trattamento e i sintomi residui dopo sei mesi di trattamento. L'iperattività è diminuita di 27 punti, l’anedonia è diminuita di 25 punti, l'irritabilità di 12 punti, comportamenti stereotipati di 7 punti ed il linguaggio inappropriato è migliorato di 6 punti (20).


Nella ricerca di Mojdeh Mostafavi 2020 et al. (21) sono stati trattati con cannabis 32 pazienti con diagnosi di autismo. La cannabis è stata utilizzata principalmente per contenere l’aggressività (compreso autolesionismo) e curare l’epilessia. Tutti i pazienti hanno utilizzato cannabis medica o prodotti a base di canapa, che sono stati assunti per via orale. All'interno del gruppo di pazienti, 8 (25%) hanno utilizzato cannabis principalmente per l'epilessia, 9 (26%) principalmente per aggressività e 15 (44%) per una combinazione di epilessia e aggressività. Tra i pazienti con epilessia, 13 (62%) avevano un'epilessia generalizzata primaria all'EEG. La maggior parte dei pazienti aveva una storia di regressione dello sviluppo (63%), con un'età media di regressione intorno ai 22 mesi. Complessivamente, 20 pazienti su 22 con epilessia (91%) hanno riportato un certo miglioramento nel controllo delle crisi. 12 pazienti su 20 trattati per aggressività (60%) hanno riportato un miglioramento. Quattro pazienti hanno sviluppato effetti collaterali. Questi includevano aumento di comportamenti ossessivo compulsivo e ripetitivi, insonnia e mania. Nessun paziente ha riportato sedazione; piuttosto, gli effetti collaterali riportati includevano solo un peggioramento dei sintomi preesistenti. Gli autori sottolineano che questo gruppo di pazienti non è stato valutato per i sintomi principali dell'ASD come uso del linguaggio e comportamenti sociali e di conseguenza non sappiamo se possono esserci stati vantaggi sulle manifestazioni principali ASD.

Nella ricerca si sono evidenziati miglioramenti sia per l'epilessia che per l'aggressività. I tassi di miglioramento dell'epilessia nella coorte erano più alti rispetto ai dati attuali sull'uso di cannabis nell'epilessia.(22,23) Ciò potrebbe riflettere un limite della ricerca che è retrospettiva, ma potrebbe anche suggerire che l’epilessia dei pazienti con ASD è particolarmente sensibile a prodotti a base di cannabis. L'autolesionismo e l'aggressività hanno risposto con minore evidenza al trattamento con cannabis ma anche in questo caso i risultati sono significativi tanto che più della metà dei pazienti ha riportato qualche vantaggio. Questi risultati sono simili a quanto evidenziato in ricerche precedenti.(12)

Un punto di interesse è stato il tipo di effetti collaterali alla cannabis riportati nella popolazione ASD. Gli effetti collaterali includevano aumento dell'ansia, aumento dei comportamenti ripetitivi e sintomi di eccitamento. Ciò è in contrasto con l'effetto collaterale “sedazione” riportato negli studi sull'epilessia per CBD (22,23) e suggerisce che i pazienti con ASD possono sperimentare effetti collaterali diversi rispetto ad altre popolazioni di pazienti. In particolare, i pazienti con ASD possono evidenziare tassi più elevati di attivazione dei sintomi. Questo è in linea come effetto collaterale ("irrequietezza")  con quanto riportato dal gruppo dello Shaare Zedek Medical Center.(12)

Disturbi del sonno

I disturbi del sonno sono frequenti nei bambini e negli adolescenti con ASD, con prevalenza stimata tra il 40 e l'80%. Disordini del sonno hanno un impatto significativo su di loro e sui loro famigliari e sono stati anche associati a un aumento di stress dei genitori [24]. In una revisione sistematica Whiting et al. (2015) hanno valutato i benefici e gli eventuali effetti collaterali dei cannabinoidi su diverse malattie e sintomi come il dolore cronico ed i disordini del sonno. La revisione comprendeva 79 studi e oltre 6400 partecipanti. Gli autori hanno concluso che la qualità delle ricerche esaminate era bassa e non completamente convincente [25]. In un'altra revisione sistematica condotta di Gates et al. [26], è stato evidenziato che in presenza di patologie mediche in grado di determinare insonnia la cannabis poteva giocare un ruolo positivo con effetti collaterali minimi. Tuttavia, alcuni studi che hanno utilizzato strumenti per valutare la gravità del disturbo del sonno hanno dato risultati contraddittori. In uno degli studi esaminati da Gates et al., sono stati valutati gli effetti degli estratti di cannabis sulla memoria, performance mattutina, sonno, e sonnolenza. I quattro trattamenti a confronto includevano: "placebo, 15 mg di THC, 5 mg di THC combinato con 5 mg CBD e 15 mg di THC combinati con 15 mg di CBD, formulato in etanolo 50:50 a glicole propilenico e somministrato utilizzando uno spray orale. Risultati dello studio indicavano che 15 mg di THC avevano effetti sedativi mentre 15 mg di CBD hanno aumentato la vigilanza (27).

Conclusioni

I soggetti con ASD presentano manifestazioni sintomatologiche legate al disturbo di base ed in comorbilità altri disturbi che possono pesare molto negativamente sull’andamento del disturbo di base.

Come abbiamo visto questi disturbi associati possono essere di tipo neurologico e psichiatrico come: epilessia, dolori e cefalea, irritabilità, aggressività e comportamenti autolesionistici, depressione, ansia e disturbo ossessivo compulsivo, disturbo da Tic e sindrome di Tourette. Inoltre sono frequentemente presenti allergie e patologie autoimmuni e sintomi gastrointestinali.

Le ricerche riportate hanno evidenziato che la cannabis può essere efficace nel contrastare le manifestazioni sintomatologiche in comorbilità. L’epilessia in soggetti con ASD sembra essere maggiormente sensibile alla cannabis rispetto a soggetti epilettici non ASD.

Nell’insieme i ricercatori segnalano l’importanza di usare prodotti con rapporto CBD: THC 20:1, quindi di favorire l’uso di cannabidiolo, pur osservando che il THC sembra avere significativi effetti sul sonno ma anche sul dolore e l’irritabilità in questo senso la completa esclusione del THC potrebbe ridurre l’efficacia della cannabis. In una ricerca il dosaggio massimo di CBD è stato 600mg mentre per il THC 40mg.

Come già evidenziato è necessario iniziare con dosaggi bassi sia del CBD che del THC e prevedere di aumentare la posologia in relazione alla risposta clinica ed all’eventuale presenza di effetti collaterali.

 

Bibliografia

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4: Whiting PF, Wolff RF, Deshpande S, Di Nisio M, Duffy S, Hernandez AV, Keurentjes JC, Lang S, Misso K, Ryder S, Schmidlkofer S, Westwood M, Kleijnen J. Cannabinoids for Medical Use: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA. 2015 Jun 23-30;313(24):2456-73. doi: 10.1001/jama.2015.6358. Erratum in: JAMA. 2015 Aug 4;314(5):520. Erratum in: JAMA. 2015 Aug 25;314(8):837. Erratum in: JAMA. 2015 Dec 1;314(21):2308. Erratum in: JAMA. 2016 Apr 12;315(14):1522. PMID:26103030.

5. Aviram J, Samuelly-Leichtag G: Efficacy of cannabis-based medicines for pain management: A systematic review and meta-analysis of andomized controlled trials. Pain Physician 20:E755-E796, 2017

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Disturbo post traumatico da stress (PTSD) e cannabis


Disturbo post traumatico da stress (PTSD) e cannabis
 

Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è un disturbo che segue l'esperienza di un evento traumatico, caratterizzato da alterazioni della reattività tra cui irritabilità, disturbi del sonno e ipervigilanza; sintomi di intrusione inclusi ricordi dolorosi intrusivi, flashback e incubi; evitamento persistente di stimoli associati all'evento / i traumatico / i; disturbi della cognizione e dell'umore (APA, 2013). La prevalenza una tantum del disturbo da stress post-traumatico è stata stimata tra il 6,8% e l'8,7% della popolazione statunitense (APA, 2013) (1), con una prevalenza nell'ultimo anno di circa il 3,5% (APA , 2013). Studi epidemiologici hanno dimostrato una prevalenza maggiore di PTSD tra le donne (9,7%) rispetto agli uomini (3,6%).

Bambini e adolescenti

I bambini e gli adolescenti sono vittime particolarmente suscettibili al PTSD. La loro reazione emotiva può manifestarsi immediatamente o anche nei mesi successivi rispetto all’evento traumatico. Sono pochi gli studi dedicati ai bambini, perché la maggior parte delle indagini sul PTSD sono effettuate su veterani di guerra o dopo grandi eventi traumatici che coinvolgono sia bambini che adulti. Tuttavia le ricerche effettuate indicano che dal 15 al 43% delle ragazze e dal 14 al 43% dei ragazzi americani hanno vissuto almeno un evento traumatico nel corso della loro vita. Tra questi, il 3-15% delle ragazze e l’1-6% dei ragazzi potrebbero essere diagnosticati con PTSD.

 

Le ricerche promosse dal National Institute of Mental Health (NIMH) hanno dimostrato che, nel caso dei bambini e degli adolescenti, è particolarmente importante intervenire rapidamente perché si previene lo sviluppo di forme più gravi di PTSD e di depressioni. L’elaborazione e la gestione del trauma nei bambini, inoltre, coinvolge fortemente i genitori e la famiglia, soprattutto la madre di bambini molto piccoli.(2)

Mentre sono disponibili numerosi trattamenti comportamentali efficaci per gli individui con PTSD (p. Es., Terapia di elaborazione cognitiva, esposizione prolungata, DBT ecc..), gli interventi farmacologici comportano tipicamente l'uso di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) che generalmente hanno scarsi effetti e sono associati a diversi effetti collaterali indesiderati ed anche scarsi risultati per bassi tassi di remissione dei sintomi e di conseguenza alti tassi di abbandono (3; 4).

Pertanto, molte organizzazioni che si occupano di DPTS raccomandano la terapia psicologica come trattamento di prima linea per il disturbo da stress post-traumatico, piuttosto che gli SSRI o altri farmaci.


A fronte della carenza di farmaci effettivamente efficaci per il PTSD, come appena sottolineato, vi sono numerosi articoli dedicati all’uso spontaneo di cannabis in persone affetta da PTSD. La maggioranza degli articoli sono dedicati al rischio, nel caso di assunzione spontanea, di sviluppare una forma di CUD o, nel tempo, di peggiorare il quadro clinico piuttosto che migliorarlo. Più recentemente, in parallelo a quanto compreso sull’azione degli endocannabinoidi sulla memoria, sono stati prodotti articoli scientifici che ne valutano le proprietà curative.

Sebbene le prove documentate degli effetti terapeutici della cannabis sui sintomi del DPTS rimangano alquanto scarse, evidenze emergenti indicano che il sistema endocannabinoide può rappresentare un bersaglio significativo per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico, (5;6) e l’azione della cannabis sarebbe in particolare sui sintomi più gravi di PTSD tra cui ansia ed estinzione di ricordi avversivi (7). In effetti ci sono ora prove concrete che i cannabinoidi riducano le risposte ai segnali di paura condizionata, pregiudicano il recupero dei ricordi emotivamente avversi e promuovono l'estinzione dei ricordi connessi alla paura (8; 9;10) suggerendo che lavorare sul sistema endocannabinoide può essere promettente per la riduzione delle intrusioni e dei flashback correlati a PTSD.


Coerentemente con questa evidenza in gran parte preclinica, uno studio clinico in aperto ha fornito prove che il nabilone (un analogo sintetico del delta-9-tetraidrocannabinolo; THC) ha ridotto gli incubi, migliorato il sonno e ridotto i flashback nei pazienti con diagnosi di PTSD ( 11). Allo stesso modo, uno studio retrospettivo ha indicato che il nabilone è efficace nel ridurre l'insonnia, gli incubi e altri sintomi di PTSD (12).

Inoltre, i risultati di uno studio cross-over in doppio cieco controllato con placebo hanno indicato che il nabilone ha ridotto in modo significativo gli incubi, ha migliorato la gravità dei sintomi di PTSD e ha migliorato il benessere generale in 10 uomini con PTSD (13). le dimensioni del campione, in questi studi, sono modeste e la maggior parte degli studi sopra menzionati si è basata su THC sintetico o altri cannabinoidi piuttosto che esaminare i potenziali effetti terapeutici della cannabis intera o dei fitocannabinoidi (cioè i cannabinoidi ottenuti dalla pianta di cannabis) .

Gli studi hanno suggerito che le persone con disturbo da stress post-traumatico si rivolgono alla cannabis quando gli interventi psicologici o farmacologici esistenti falliscono (14-18) .


Un altro importante limite del corpo di ricerca su PTSD e cannabis / cannabinoidi è stata la scarsità di dati longitudinali che non rende possibile capire se cannabinoidi debbano essere somministrati cronicamente o se l’assunzione in fase acuta siano sufficienti per ridurre i sintomi del PTSD (19 ).

Pertanto, due studi recenti hanno esteso il lavoro preliminare esaminando gli effetti a breve (3 settimane) e a lungo termine (12 mesi) della cannabis con diversi rapporti di THC e cannabidiolo (CBD) sulla sintomatologia del DPTS (15).

I prodotti proposti erano: THC dominante, CBD dominante e THC:CBD 1:1 equilibrato: le preparazioni di cannabis CBD erano associate a riduzioni a breve termine dei sintomi di PTSD (15). Mentre l'uso a lungo termine di cannabis principalmente a predominanza di THC è stato associato a una riduzione dei sintomi PTSD (principalmente determinata da una riduzione dei sintomi di ipereccitazione) e ad una riduzione più che doppia della probabilità di diagnosi di PTSD a 12 mesi, rispetto a non utenti (15).


Per affrontare i limiti della letteratura esistente la ricerca di LaFrance et al 2020 (20), utilizzando un set di dati molto ampio, analizza i cambiamenti nella sintomatologia del DPTS (intrusioni, flashback, irritabilità, ansia) immediatamente prima e poco dopo, l'uso di cannabis. Nella ricerca si considera anche sesso, dose, concentrazioni di THC, concentrazioni di CBD e interazioni THC:CBD. Inoltre, nello studio, le potenziali conseguenze nel tempo dell’uso di cannabis nel PTSD sono state valutate per 31 mesi. La informazioni provengono da 404 consumatori di cannabis terapeutica affetti da disturbo post-traumatico da stress e sono state ottenute da Strainprint®, un'applicazione di cannabis medica che i pazienti utilizzano per segnalare i cambiamenti nei sintomi in relazione a diverse variabili compreso il dosaggio di cannabis nel tempo. Questo campione ha utilizzato collettivamente l'applicazione 11.797 volte in 31 mesi per monitorare i sintomi correlati al disturbo post-traumatico da stress (pensieri intrusivi, flashback, irritabilità e / o ansia) immediatamente prima e dopo l'inalazione di cannabis. I risultati hanno rivelato che, in media, gli intervistati, auto identificandosi come affetti da PTSD, hanno riportato una riduzione del 62% per la gravità dei pensieri intrusivi, una riduzione del 51% dei flashback, una riduzione del 67% dell'irritabilità e riduzione del 57% della gravità dell'ansia, da prima a dopo aver inalato la cannabis. Inoltre, queste riduzioni dei sintomi sono state segnalate nella maggior parte delle sessioni di assunzione di cannabis per pensieri intrusivi (98%), flashback (92%), irritabilità (97%) e ansia (93%).


Conclusioni


Il DPTS è un disturbo che non raramente interessa l’età evolutiva. Sono stati stabiliti percorsi psicologici mirati e rimane l’indicazione che il disturbo è superabile, preferibilmente, con un trattamento psicologico specie se il trauma si è prolungato nel tempo come nel caso del PTSD cronico.

Nelle fasi più acute del disturbo è spesso necessario intervenire farmacologicamente. Per altro essendo un disturbo grave ed invalidante specialmente se il trauma si ripete nel tempo, si riconosce che possa alterare lo sviluppo psicologico del minore favorendo un funzionamento dissociativo con gravi conseguenze nella gestione emotiva e manifestazioni sintomatologiche depressive, autolesive, suicidarie, sintomi da DCA (sintomi da disturbo alimentare) , somatizzazioni, abuso di sostanze, abbandoni scolastici, sviluppo di comportamenti antisociali e delinquenziali o esordio di un Disturbo di Personalità di tipo Borderline. Le conseguenze psichiatriche più gravi si hanno come evoluzione di gravi e prolungati abusi dove la fine dell’abuso, come fatto reale, non risolve per nulla le conseguenze dell’abuso che durano tutta la vita.

In letteratura non ho trovato articoli dedicati ai minori con PTSD trattati con cannabis medica contenete THC mentre sono disponibili numerosi articoli che sottolineano come il PTSD in infanzia adolescenza predisponga all’uso di cannabis. Per altro articoli dedicati agli adulti sottolineano i vantaggi almeno in fase acuta di un trattamento farmacologico con cannabis specialmente con rapporto CBD:THC più favorevole per il CBD.

Più in generale volendo sfruttare gli effetti terapeutici del THC si potrebbe valutare di associare il CBD al THC. Infatti, il CBD può ridurre al minimo o addirittura contrastare alcuni effetti avversi del THC, come gli effetti ansiogeni. La somministrazione orale di THC più CBD in un rapporto di dose 1: 2 ha attenuato l'effetto ansiogeno associato al THC. Quando si utilizza un rapporto THC: CBD simile, l'effetto ansiogeno associato al THC non è stato più osservato con l'uso di dosi basse, mentre alti dosaggi di THC non sembra vengano compensati dalla presenza di CBD.

I dosaggi efficaci o che causano effetti collaterali dipendevano anche dalla precedente storia di utilizzo di cannabis dei partecipanti. Negli esseri umani, il pretrattamento orale con CBD 600 mg ha attenuato i sintomi psicotici indotti da THC 10 mg (21). Allo stesso modo 400 mg di CBD vaporizzato hanno attenuato gli effetti indesiderati del THC 8,0 mg (22). Studi preclinici con animali dimostrano anche che la co-somministrazione di THC: CBD in rapporto 1: 5 e 1:10, ma non 1: 1, può contrastare gli effetti di tipo ansiogeno indotti dal THC e gli svantaggi nell'interazione sociale (23, 24). Sulla base di quanto sopra, la strategia combinata (THC:CBD) sembra essere preferibile piuttosto che utilizzo del solo THC. Infatti, nonostante il numero limitato di studi pubblicati, i dati disponibili suggeriscono che basse dosi di THC potenziano l'estinzione della memoria della paura in volontari sani e riducono le risposte di ansia nei pazienti ansiosi e con disturbo da stress post-traumatico senza indurre effetti collaterali spiacevoli.

Nel complesso, i dati sugli animali da laboratorio confermano i risultati sull'uomo. (25)

 

Più recentemente la ricerca sull’uso dei cannabinoidi in minori si concentra sull’uso del Cannabidiolo CBD. Sebbene non si abbiano certezze sulla innocuità del CBD in età evolutiva sappiamo che l’Epidiolex (farmaco estratto dalla pianta ad elevata concentrazione di CBD ed assenza di THC) è negli USA per la FDA somministrabile a partire da 1 anno di età e da 2 anni in Europa per EMA nel caso di gravi epilessia farmaco resistenti. L’efficacia e la sicurezza è provata esclusivamente per alcuni tipi di epilessia, per il farmaco, a base di CBD (Epidiolex), sono disponibili numerose informazioni (26).

Una bambina di 10 anni con manifestazioni d’ansia ed insonnia importanti conseguenti ad abuso sessuale (la sintomatologia è considerata parte di un PTSD) è stata trattata con olio di CBD a dosaggio compreso tra i 12mg e 25mg una volta al giorno. I ricercatori riferiscono un risultato soddisfacente per l’attenuazione dei sintomi e sottolineano l’ottima tolleranza, non vengono riportati effetti collaterali (non è stata segnalata cefalea, affaticamento, inappetenza o irrequietezza). (27)


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Cannabis e Schizofrenia



Cannabis e schizofrenia

Molteplici ricerche convergono a sostegno dell'ipotesi che il sistema cannabinoide sia coinvolto nel disturbo schizofrenico. La prima osservazione è venuta da uno studio longitudinale in Svezia, che sembrava mostrare un'associazione tra l'uso di cannabis e la schizofrenia (1). Ciò era coerente con le osservazioni che le persone con schizofrenia utilizzano la cannabis con elevata frequenza, al punto da soddisfare spesso i criteri per il disturbo da uso di cannabis (2).

È stato osservato che i tossicodipendenti schizofrenici hanno spesso un'età significativamente più bassa di insorgenza dei sintomi psicotici e successiva diagnosi di malattia, con l’impressione che l’utilizzo di cannabis possa aver precipitato la malattia.(3)

Il ruolo che il sistema endocannabinoide gioca nella patologia della malattia è controverso; il ruolo di causa o effetto che la cannabis gioca nella schizofrenia non è del tutto chiaro (4), considerando poi che l'abuso di sostanze e la psicosi che spesso iniziano nello stesso mese (5).

Uno studio che sostiene la cannabis come un fattore di rischio indipendente per la schizofrenia ha rilevato un'incidenza sei volte maggiore di sviluppo della malattia nei forti consumatori di cannabis rispetto ai non consumatori (1).


È anche segnalato che l'uso prolungato ed eccessivo di cannabis potrebbe favorire le ricadute dei sintomi nelle persone affette da schizofrenia (6).

Le persone con schizofrenia e disturbi da uso di sostanze mostrano livelli di anandamide aumentati rispetto ai controlli (7). È stato suggerito che le risposte comportamentali al consumo di cannabis mostrino alcune somiglianze con i vari disturbi cognitivi osservati nella psicosi schizofrenica, inclusi i sintomi di paranoia, variazioni nella memoria di lavoro e alterazione dell'attenzione (8; 9). Emrich et al. (1997) (10) hanno studiato i disturbi associati alla schizofrenia per i fenomeni dispercettivi visivi e hanno osservato disturbi dispercettivi simili in volontari sani intossicati da cannabis. A dimostrazione di una alterazione cognitiva comparabile ed a sostegno della presenza nella schizofrenia di uno squilibrio dei cannabinoidi.

In una revisione completa dei numerosi studi longitudinali e di altro tipo fino ad oggi, Gage, et al. (2016) (11) hanno concluso, dopo aver valutato criticamente vari potenziali fattori interferenti come bias e causalità inversa, che gli studi epidemiologici forniscono prove sufficienti per garantire un messaggio di salute pubblica che "l'uso di cannabis può aumentare il rischio di disturbi psicotici".

Nonostante questo, i dubbi rimangono; come la mancanza di qualsiasi correlazione rilevabile tra l'aumento del consumo sociale di cannabis e la prevalenza della schizofrenia (12). Resta da studiare se ci sia stata una maggiore prevalenza di schizofrenia negli ultimi dieci anni a causa dell'aumento dell'abuso di cannabinoidi sintetici (13).


Nonostante il suo apparente contributo all'eziologia della malattia, si suggerisce anche che la cannabis possa avere un ruolo terapeutico nella schizofrenia e che l’abuso che i pazienti schizofrenici fanno di cannabis rappresenti un tentativo di “auto-medicazione” per alleviare i sintomi. È stato proposto che questa automedicazione possa spiegare l'abuso di cannabis, fornendo al paziente sollievo dall'ansia e un modo per sfuggire alla devastante perdita di controllo associata alla malattia. Forse coerentemente con questo, gli schizofrenici che fanno uso di cannabis mostrano un aumento di sintomi positivi, comprese allucinazioni e disturbi del pensiero, che possono essere potenzialmente attribuiti a un effetto diretto di neurotrasmissione della dopamina, o ridotta compliance ai farmaci (14; 15).

In uno studio con PET si è osservato un aumento dell’attività dopaminergica dopo che, segretamente, il paziente con schizofrenia aveva fumato cannabis. Se alla PET è stato possibile rilevare un aumento dell’attività dopaminergica clinicamente si è osservato un effetto calmante immediato sul paziente seguito a distanza di ore da un peggioramento dei sintomi psicotici. (16). Anche in un successivo studio con PET si sono evidenziate in alcune regioni del cervello alterazioni nel legame sui CB1 in pazienti con schizofrenia. (17).

Trattamento con cannabinoidi per la schizofrenia

La somministrazione endovenosa di THC a individui sani produce sintomi positivi e negativi simili alla schizofrenia, nonché percezione alterata e maggiore ansia ed euforia, indicando che i cannabinoidi portano a comportamenti simili a psicosi e possono contribuire alla patologia nelle patologie psichiatriche (18; 19). Nei pazienti con schizofrenia trattata con antipsicotici, il THC per via endovenosa ha aumentato transitoriamente i sintomi positivi e negativi e i deficit cognitivi nell'apprendimento, nella memoria e nella percezione in misura maggiore rispetto ai soggetti di controllo (20). Al contrario, un piccolo studio sull'uso compassionevole del dronabinol (THC sintetico) ha descritto miglioramenti nei pazienti con schizofrenia cronica refrattaria al trattamento che si sono auto-prescritti la cannabis. Quest’ultima osservazione contribuisce a rendere ancora più complesso da comprendere il ruolo dei cannabinoidi nelle psicosi. (21) .

Il CBD e l'agonista inverso CB1 SR141716 sono stati entrambi proposti come terapie potenzialmente utili come trattamento nella schizofrenia (22); tuttavia, le prove fino ad oggi sono incoerenti. Le prime prove precliniche e cliniche suggerivano che il CBD dimostrasse effetti antipsicotici (23). Tuttavia, sebbene ben tollerato, uno studio clinico in monoterapia con CBD in tre pazienti con schizofrenia resistente al trattamento ha riscontrato solo un lieve miglioramento in un singolo partecipante, suggerendo che i composti potrebbero non essere efficaci in questa popolazione (24) . SR141716 è stato testato su adulti con schizofrenia o disturbo schizoaffettivo ed è stato riscontrato che non produceva differenze su alcuna misura di risultato rispetto al placebo, sebbene gli autori abbiano proposto ulteriori studi sui meccanismi dei cannabinoidi per il trattamento della schizofrenia (25). Nonostante i molti indizi che collegano la schizofrenia e il sistema endocannabinoide, la ricerca di trattamenti a base di cannabinoidi rimane incerta. Lewekeet al. (26) hanno concluso che, sebbene esistano alcune prove che la modulazione del sistema endocannabinoide possa essere di aiuto negli episodi psicotici acuti nella schizofrenia, fino ad oggi le ricerche non sono state sufficienti per esprimere un giudizio decisivo. Inoltre, non sono stati condotti studi a più lungo termine o adeguate valutazioni di efficacia e sicurezza (26).

 

Il possibile effetto benefico del CBD nella schizofrenia cronica è stato esplorato in uno studio multicentrico (27,28). Pazienti psicotici cronici, con risposta parziale al trattamento usuale, sono stati randomizzati al trattamento con CBD (1000 mg / die) o placebo, in aggiunta alla terapia antipsicotica. Il gruppo CBD ha mostrato una riduzione statisticamente significativa dei sintomi positivi, ma non negativi, rispetto al gruppo placebo.

Conclusioni

Concluderei proponendo una breve sintesi del materiale riportato: i soggetti con disturbo psicotico hanno rispetto alla popolazione di riferimento una maggior propensione all’uso della cannabis.

Traggono infatti dal consumo di cannabis un periodo di relativo benessere successivo all’assunzione ma per effetto dopaminergico del THC rischiano di peggiorare i sintomi positivi come allucinazioni visive, uditive, olfattive ecc. e deliri.

Abbiamo anche ricerche che segnalano la capacità del CBD di migliorare i sintomi positivi della schizofrenia senza migliorare quelli negativi. Questi ultimi li migliora significativamente il THC.

La posologia del CBD dev’essere elevata, i dosaggi partivano da 400mg ed arrivavano a 900 mg mediamente 600mg.

Un aspetto dibattuto riguarda la possibilità che la cannabis possa determinare l’insorgenza di psicosi sia pure in soggetti predisposti. Veniva sostenuto evidenziando che i soggetti psicotici hanno rispetto alla popolazione di riferimento una maggior propensione all’uso della cannabis ma come già segnalato il problema è più probabilmente legato all’autocura e sebbene il THC non sia d’aiuto nelle situazioni di psicosi non per questo può rappresentare la causa dell’insorgenza di psicosi.

 

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26 Leweke F.M, Mueller J.K, Lange B, Rohleder C. Therapeutic potential of cannabinoids in psychosis. Biological Psychiatry. 2016;79(7):604–612.

27 Robson, P., McGuire, P., Cubala, W.J., Vasile, D., Morrison, P.D., Barron, R., et al., 2018a. Cannabidiol (CBD) as an adjunctive therapy in schizophrenia: a multicenter randomized controlled trial. Am. J. Psychiatry 175 (3), 225–231.

28 Robson, P., McGuire, P., Cubała, W., Vasile, D., Morrison, P., Barron, R., et al., 2018b. A randomized controlled trial of cannabidiol in schizophrenia. Schizophr. Bull. 44 (Supp 1), S27.


CM ed Età Evolutiva



Uso di cannabis in età evolutiva osservazioni sui potenziali rischi legati all’età


Riporto una breve panoramica della letteratura scientifica sui rischi dell’uso della cannabis in età evolutiva.

Le attuali conoscenze sugli effetti collaterali a lungo termine dei cannabinoidi si basano principalmente sul follow-up longitudinale dei consumatori di cannabis ricreativa.(1-3)

Le ricerche tendono a valutare se ci sono cambiamenti strutturali nel SNC di minori utilizzatori di cannabis, se vi sono alterazioni nel funzionamento intellettivo e se l’uso può favorire il manifestarsi di patologie psichiatriche come la schizofrenia.

 

Studi a sostegno dei rischi nell’uso della cannabis

Diversi studi hanno segnalato che i principali rischi possono essere sintetizzati come: diminuzione della motivazione, dipendenza (4-6, 7) peggioramento del funzionamento cognitivo, (3,5,8,9) e possibile slatentizzazione di manifestazioni psicotiche o della schizofrenia (5,10–12).

Per altro vi è convergenza tra i ricercatori nel ritenere che i rischi maggiori sono collegati al cannabinoide psicotropo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC). I rischi sarebbero collegati alle concentrazioni di THC e CBD nella pianta utilizzata, (13) ovvero maggiore è il rapporto a favore del THC rispetto al CBD, maggiore è il rischio. Il rischio è anche elevato tra gli adolescenti con inizio utilizzo precoce ed in presenza di altri fattori di rischio, come una storia familiare di schizofrenia e l'uso concomitante di alcol e tabacco.(13,14)

Gli studi esaminati contenevano pochi partecipanti di età inferiore ai 10 anni e non hanno valutato l'uso quotidiano della cannabis come può verificarsi nel caso di uso terapeutico.

Studi di follow-up longitudinale su bambini con epilessia trattati con CBD puro suggeriscono un'elevata tollerabilità e sicurezza, (15–17) ma questi studi hanno incluso pochissimi partecipanti di età inferiore ai 5 anni.

Studi sugli animali suggeriscono che l'uso di CBD puro e il suo analogo cannabidivarin (CBDV) durante lo sviluppo iniziale è relativamente sicuro (18,19) mentre l'uso di THC, con o senza CBD, durante lo sviluppo iniziale ha dimostrato di compromettere la struttura e la funzione del cervello. (20–23). Nella ricerca che prende in esame il funzionamento intellettivo umano la cannabis è valutata insieme ad altre sostanze. (22)

Gli eventi avversi a breve termine di estratti di piante intere di CBD puro o ricchi di CBD comprendono sonnolenza, perdita di peso e aumento delle transaminasi epatiche. (15,16,24-27)

 

 

Ricerche, su consumatori di cannabis, che non evidenziano conseguenze organiche

Un ampio studio, per numero di partecipanti, ha indagato se l'uso occasionale o frequente di cannabis fosse associato ad alterazioni nelle misure della struttura cerebrale in un ampio campione di adolescenti e giovani adulti.(24)

Un aspetto molto interessante riguarda la composizione del campione che rientra nel PNC. Il PNC (The Philadelphia Neurodevelopmental Cohort) è un progetto per lo studio di diversi aspetti dello sviluppo  basato sulla comunità di 9498 giovani di età compresa tra 8 e 22 anni. I dati del campione trasversale sono stati raccolti da novembre 2009 a dicembre 2011. È importante sottolineare che la selezione non era basata su sintomi psichiatrici o sull'uso di sostanze. I criteri di inclusione PNC includevano la vita nell'area geografica compresa nel progetto PNC. I criteri di esclusione erano importanti ritardi nello sviluppo o condizioni fisiche che avrebbero interferito con la partecipazione alle valutazioni. I criteri erano intenzionalmente ampi per migliorare la generalizzabilità.

 

Gli autori che hanno utilizzato procedure rigorose osservano di non aver replicato la maggior parte delle differenze strutturali segnalate in studi precedenti su consumatori di cannabis. Nella ricerca gli autori hanno riscontrato poche differenze nelle misure strutturali del cervello associate all'uso occasionale o frequente di cannabis nell'adolescenza. Un aspetto incerto ma non escludibile riguardava la possibilità di minime differenze nello spessore corticale nel lobo prefrontale sinistro nei grandi utilizzatori rispetto ai non utilizzatori. (24)

Nello studio, inoltre, non sono state evidenziate differenze tra uso di cannabis ed età; in caso diverso si poteva sostenere una maggiore vulnerabilità al consumo di cannabis in età più giovane.

 

Diversi studi precedenti hanno riportato associazioni significative tra il consumo frequente di cannabis e le alterazioni dei volumi sottocorticali e cerebellari, lo spessore corticale e la morfometria in adolescenti e nei giovani adulti (25). Tuttavia, i risultati sono stati notevolmente variabili e prevalentemente da studi con campioni di dimensioni modeste. Studi precedenti con piccoli campioni erano probabilmente sottodimensionati per essere statisticamente significativi e questo per altro potrebbe parzialmente spiegare la variabilità in letteratura.

 

I risultati nell’articolo di Scott JC (24) convergono con ricerche svolte su ampi campioni di giovani consumatori di cannabis. Ad esempio, Weiland e colleghi (26) hanno confrontato 50 adolescenti che consumano quotidianamente cannabis con 50 non consumatori identificati dal punto di vista demografico, replicando la metodologia di uno studio precedente (27) e non hanno trovato differenze significative di volume, morfometria o altro. Allo stesso modo, in un campione di 439 adolescenti, Thayer e colleghi [28] non hanno trovato associazioni significative tra il consumo di cannabis nel mese precedente ed il volume cerebrale o altre misure dopo aver eliminato le interferenze sui risultati del consumo, spesso associato, di alcol. Lo studio di Scott JC et al. (24) ha ampliato l’indagine perché è stata considerata anche la variabile quantità e frequenza d’uso della cannabis.

 

Per interpretare le differenze osservate in altri studi una spiegazione alternativa dei risultati è che le alterazioni neuro anatomiche possono essere presenti solo nei giovani con (a) durata di utilizzo maggiore e superiore al campione della ricerca attuale; (b) sintomi di abuso o dipendenza. (24)

 

Sebbene non possiamo escludere queste possibilità dobbiamo aggiungere che almeno dai dati disponibili da altre ricerche per consumo come frequenza, quantità ed inizio di utilizzo il campione della ricerca attuale non si discosta da quelli di precedenti studi su adolescenti, salvo che negli altri studi si sono osservate differenze strutturali per il SNC (come: 29, 30).

 

Per altro, il gruppo di utenti indagati nella ricerca di Scott JC et al. (24) avevano livelli più elevati di consumo di alcool e più psicopatologia, riflettendo le caratteristiche attese del campione. Anche considerando il gruppo di minori con maggior utilizzo di cannabis non sono state evidenziate alterazioni a livello del SNC.

 

È anche possibile che le alterazioni strutturali del cervello richiedano un periodo di assunzione prolungato e maggiore di quello osservato nel campione attuale. La ricerca longitudinale è necessaria per trovare una risposta a questo quesito. (24)

In un’altra ricerca (31) anch’essa su un campione molto grande di utenti, 4,568 adolescenti e giovani adulti (età 14–21) vengono problematizzati i risultati ottenuti segnalando che seppure non si possono escludere effetti negativi della cannabis probabilmente gli stessi sono la conseguenza di variabili critiche che aumentano il rischio di deficit intellettivi associati al consumo di cannabis. Infatti, il consumo di alcool e la presenza di psicopatologia possono interferire pesantemente sui risultati come già ampiamente sostenuto in altre ricerche. (31)

Ad esempio, la maggior parte delle differenze di gruppo nelle misure della struttura e della funzione cerebrale o nel funzionamento intellettivo sono state riscontrate in giovani che hanno usato pesantemente la cannabis per un lungo periodo o precocemente per età. Inoltre la maggior parte dei partecipanti segnalava il bisogno di cure, suggerendo la presenza di problemi di salute mentale, che di per sé sono correlati al rischio di deterioramento cognitivo (32). Pertanto, la psicopatologia e l'uso di alcol che erano ampiamente associati al funzionamento cognitivo nel campione dovrebbero essere presi in considerazione in ricerche future. Inoltre, i risultati sono fortemente dipendenti dalle caratteristiche del campione e dal disegno della ricerca. Ad esempio, sebbene i deficit di memoria siano dati come certi negli studi sull'uso elevato e cronico di cannabis nei giovani (33; 34) vi sono anche studi che non concordano (35; 36) ed hanno proposto interpretazioni delle difficoltà negli utenti consumatori di cannabis come dipendenti da altri fattori correlati (37) o comorbilità (38), o si è osservato che tali effetti sono stati ridotti al minimo dopo un'astinenza di almeno tre settimane (39; 40; 41; 42).

 

Pertanto, gruppi specifici di consumatori di cannabis, come quelli in trattamento, con una maggiore comorbilità psichiatrica o con un uso intenso e prolungato di cannabis, potrebbero mostrare associazioni più evidenti tra l'uso di cannabis e peggioramento del funzionamento intellettivo. Piccole alterazioni del funzionamento cognitivo potrebbero essere clinicamente significative per un particolare soggetto, specialmente considerando altri fattori che possono influenzare le prestazioni, come la dotazione intellettiva di partenza, lo stato socioeconomico, la comorbilità psichiatrica o l'uso di altre sostanze. Gli studi che esaminano le interazioni di tali fattori nella valutazione delle ricadute cognitive in corso di utilizzo di cannabis saranno particolarmente utili nelle ricerche future.

J. Cobb Scott et al. (24) suggeriscono, inoltre, di considerare che per tutti gli studi trasversali non è possibile determinare se le differenze di prestazioni cognitive osservate esistessero prima dell'uso di cannabis o sono una conseguenza dell'uso o riflettono interazioni con pre-vulnerabilità intellettive già presenti. Inoltre, i deficit possono riflettere aspetti causali, condivisi, tra l'uso di cannabis e fattori socio-comportamentali correlati (43, 41; 44). Pertanto, studi prospettici longitudinali sui giovani prima e dopo l'inizio della cannabis sono essenziali per esaminare le causalità e le complesse interazioni di fattori che influenzano il funzionamento intellettivo nei consumatori di cannabis (45). La ricerca segnalata (24) prosegue longitudinalmente su un sottoinsieme di soggetti caratterizzati da uso di sostanze e sarà un ulteriore contributo alla comprensione delle questioni cruciali su cui si sta indagando.


Conclusioni


Vi sono numerose preoccupazioni che frenano l’uso della cannabis in età evolutiva. Per altro le ricerche pubblicate, che segnalano possibili interferenze sulla sviluppo del SNC, sono realizzate su campioni di minori che utilizzano la cannabis per uso ludico. In questo senso è difficile stabilire quantità, qualità e intensità d’uso.

Non solo, i gruppi di minori su cui sono state fatte le ricerche erano spesso poliutilizzatori e l’utilizzo della cannabis poteva rappresentare per loro un tentativo di autocura in presenza di psicopatologia. Inoltre non è possibile in studi trasversali stabilire se le anomalie riscontrate erano pregresse rispetto al consumo di cannabis.

A questo proposito viene segnalata, in uno studio già citato, la possibilità di prevedere l’uso di cannabis in minori valutati per la reattività dell’amigdala studiata strumentalmente. I minori che avevano una particolare reattività potevano nel tempo, più facilmente rispetto agli adolescenti di controllo, accostarsi al consumo di cannabis; infatti, la cannabis può avere un effetto vantaggioso nel caso di iperattività dell’amigdala.

E’ inoltre da ricordare che le preoccupazioni sull’eventuale interferenza sullo sviluppo del SNC riguardano un solo cannabinoide ovvero il THC, perché sul cannabidiolo CBD non sono espresse preoccupazioni, specialmente considerando che FDA ed EMA hanno autorizzato l’uso di un farmaco antiepilettico a base di CBD a partire rispettivamente da 1 anno e 2 anni di vita.

Le ricerche in corso in Canada ed USA su minori che assumono cannabis medica aiuteranno a chiarire ulteriormente la sicurezza e l’efficacia della cannabis.

 

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Sito web con informazioni pertinenti:  https://www.cannabisterapeutica.info/2021/12/07/la-cannabis-medica-e-sicura-nei-bambini/

CM e cefalea tensionale


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Sindrome di Tourette e CM


La sindrome di Gilles de la Tourette (TS) è un disturbo neuropsichiatrico cronico comune, complesso, caratterizzato da tic motori e vocali. Causa non solo un significativo deterioramento della qualità della vita dei pazienti colpiti, ma anche costi economici significativi nei sistemi sanitari nel complesso (1, 2).


Le opzioni di trattamento per i disturbi da tic cronici (CTD) e la TS sono limitate: ad esempio in Germania l'aloperidolo è l'unico farmaco approvato per altro è gravato da importanti effetti collaterali (3). Così la maggior parte dei medici preferisce un uso off-label di altri antipsicotici come aripiprazolo e risperidone.

Tuttavia, a causa di effetti collaterali e / o mancanza di efficacia, un numero considerevole di pazienti è insoddisfatto di questo tipo di trattamento.


Le terapie comportamentali di prima linea (BT) come l'Habit Reversal Training (HRT) e Exposure with Response Prevention (ERP) non sono disponibili per la maggior parte dei pazienti, a causa della scarsa diffusione di queste tecniche terapeutiche tra gli psicoterapeuti (3, 4), inoltre non sono, sempre, completamente efficaci.


Pertanto, molti pazienti con CTD sono alla ricerca di medicine alternative inclusa l'automedicazione con cannabis (5).


Fino ad oggi erano disponibili solo un piccolo numero di studi (tutti insieme comprendenti circa 200 pazienti) a sostegno dell’efficacia e sicurezza di farmaci a base di cannabis per chi soffre di TS. (Negli studi precedenti erano stati usati anche:  il delta-9-tetraidrocannabinolo puro (THC, dronabinolo), diversi estratti di cannabis e cannabis fiori).


È interessante notare che nella maggior parte di questi studi non viene riportata solo una riduzione del tic, ma anche un miglioramento di un ampio spettro di comorbidità psichiatriche tra cui disturbo da deficit di attenzione / iperattività (ADHD), disturbo ossessivo compulsivo (DOC), depressione, ansia, attacchi di rabbia, disturbi del sonno e comportamenti autolesionistici. Di conseguenza vi erano stati significativi miglioramenti  della qualità della vita dei pazienti.

La possibilità che la CM posa essere utile nei disturbi in comorbidità si verifica anche in altri disturbi.

Nei Disturbi dello Spettro Autistico i vantaggi dell'uso della CM sono legati al miglioramento che si ottiene nei disturbi in comorbilità ed anche nelle epilessie gravi (Dravet, Lennox Gatuad, ecc.) la CM determina un'importantissima riduzione delle crisi epilettiche ma anche un significativo miglioramento dell’umore e della qualità della vita nel complesso.


La cosa più interessante è che in alcuni di questi casi, inoltre, viene descritto un miglioramento degli impulsi che procedono il verificarsi di un tic (6).


In due studi randomizzati controllati (inclusi rispettivamente 12 e 24 pazienti) è stato utilizzato THC puro, l'ingrediente più psicoattivo della cannabis. Secondo questi studi, il THC ha determinato una riduzione dei tic ed è stato ben tollerato senza causare gravi eventi avversi o compromissione neuropsicologica rilevante (7, 8).


Lo studio di Ewgeni Jakubovsk et al. (2020)  mira a esaminare ulteriormente l'efficacia e la sicurezza dei medicinali a base di cannabis nei pazienti con CTD.  Gli autori ricordano che quando è stato progettato lo studio, gli unici farmaci a base di cannabis che potevano essere teoricamente utilizzati negli studi clinici in Germania erano il THC puro, il nabilone sintetico analogo al THC, i fiori di cannabis e l'estratto di cannabis nabiximols. Gli autori hanno deciso di utilizzare nabiximols, un estratto vegetale di Cannabis sativa L. che contiene THC e cannabidiolo (CBD) in un rapporto 1: 1, per i seguenti motivi: (i) nabiximols era l'unico a base di cannabis con licenza ufficiale medicina in Germania (dal 2010 autorizzato per il trattamento della spasticità nella sclerosi multipla) (9),

(ii) rispetto al THC puro, si può presumere che i nabiximols - secondo il cosiddetto effetto entourage - non solo sia più efficace [poiché Il CBD possiede i suoi effetti (10)], ma anche meglio tollerato [poiché la co-somministrazione di CBD mitiga gli effetti psicotropi indesiderati del THC (11)] e (iii) semplicità e sicurezza di utilizzo.


Infine, GW Pharma Ltd. ha gentilmente accettato di offrire nabiximols e placebo come prodotto medico sperimentale (IMP) per lo studio.


L'introduzione di una prescrizione di fiori di cannabis in Germania nel 2017 è stata accompagnata da un dibattito intenso e controverso sul fatto che il trattamento con medicinali a base di cannabis possa avere un impatto negativo sulla capacità di guida dei pazienti e se ai pazienti debba essere consentito di guidare un'auto. Mentre nel caso dell'uso ricreativo della cannabis, la guida di un'auto non è generalmente consentita fintanto che i test THC sono positivi, il governo tedesco ha affermato che al contrario i farmaci a base di cannabis - se prescritti e controllati da un medico - dovrebbero essere trattati in modo comparabile ad altri farmaci psicoattivi (12). Ciò implica che il soggetto è responsabile dell'autovalutazione accurata della propria capacità di guida prima di utilizzare un veicolo. Per quanto riguarda i nabiximoli, è stato dimostrato che la capacità di guidare non è compromessa nei pazienti con sclerosi multipla (13, 14). Tuttavia, nei pazienti con TS finora è stato pubblicato solo un singolo caso di studio che riportava un miglioramento della capacità di guida del paziente dopo il trattamento con THC (15).


Per aumentare le nostre attuali conoscenze sugli effetti dei medicinali a base di cannabis sulla capacità di guida in particolare nei pazienti con TS, nella ricerca è previsto di eseguire test di capacità di guida prima e dopo il trattamento con nabiximols.


Questo è uno studio multicentro randomizzato in doppio cieco controllato con placebo / nabiximols.

Sono inclusi 96 pazienti adulti in sei grandi centri specializzati in TS in tutta la Germania. Durante e dopo il trattamento verranno valutati gli effetti dei nabiximols su tic, comorbidità e capacità di guida dei pazienti, nonché gli eventi avversi.


Implicazioni cliniche


Questo sarà il primo studio clinico controllato di buona potenza che studierà l'efficacia e la sicurezza dei nabiximols in pazienti con TS / CMT. Pertanto, questo studio non è solo il primo grande studio controllato su pazienti con disturbi da tic che utilizzano un medicinale a base di cannabis, ma anche il primo grande studio controllato su un disturbo del movimento (ipercinetico) in generale.


Poiché valuteremo anche gli effetti dei nabiximols su una varietà di sintomi psichiatrici (inclusi ADHD, DOC, depressione e ansia), questo studio fornirà dati urgentemente necessari sul potenziale uso di medicinali a base di cannabis in queste condizioni (33). Questo studio sarà di enorme rilevanza economico-sanitaria, perché un numero considerevole di pazienti con TS / CMT (ma anche altre malattie psichiatriche come l'ADHD) utilizza la cannabis come automedicazione. Tuttavia, l'attuale base di dati è debole e, pertanto, la maggior parte dei medici non consiglia i medicinali a base di cannabis per i propri pazienti. Infine, questo studio affronterà un'importante questione pratica, se il trattamento con nabiximols altera la capacità di guida nei pazienti con TS / CMT. Ipotizziamo che i nabiximols saranno efficaci non solo nel trattamento dei tic, ma anche in un ampio spettro di comorbidità psichiatriche migliorando la qualità della vita dei pazienti. Di conseguenza, ci aspettiamo che la capacità di guida dei pazienti non venga peggiorata dal trattamento con nabiximols. Se queste ipotesi devono essere dimostrate corrette, nabiximols sarebbe una valida alternativa terapeutica nei pazienti adulti con TS / CMT altrimenti resistente al trattamento.


Meccanismi sottostanti Diverse linee di evidenza suggeriscono un'ipotesi dopaminergica nella ST. Più precisamente, si presume che uno squilibrio nel tonico presinaptico e nella dopamina fasica sia alla base della fisiopatologia dei tic. Tuttavia, ci sono anche prove di un coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitori e le alterazioni nel sistema dopaminergico non possono spiegare l'ampio spettro di comorbidità psichiatriche osservate nella maggior parte dei pazienti con TS. In alternativa all'ipotesi dopaminergica, si può ipotizzare che la TS sia causata da una disfunzione del sistema endocannabinoide (ECS), poiché l'ECS è il più importante sistema neuromodulatorio del cervello. In linea con questa ipotesi, sono stati riportati cambiamenti nei livelli di endocannabinoidi nel liquido cerebrospinale (CSF) (34). Tuttavia, sulla base della complessa interazione tra il sistema endocannabinoide e il sistema dopaminergico, si può anche ipotizzare che la stimolazione dell'ECS mediante l'uso di esocannabinoidi possa attenuare l'iperinnervazione dopaminergica.


Ewgeni Jakubovsk et al. (2020) sulla base dei risultati favorevoli documentati da studi di ammalati di TS che hanno utilizzato la CM e da due piccoli studi randomizzati controllati che utilizzano delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), hanno ipotizzato e su questa ipotesi hanno realizzato uno studio di grande valore, che il nabiximol, (spray estratto da cannabis CBD:THC 1:1), possa essere considerato una nuova e promettente strategia di trattamento sicuro nella TS. Lo studio multicentrico ha coinvolto 96 pazienti. Il risultato della ricerca è in pubblicazione.

Gli autori sostengono che non solo si verifica una chiara riduzione dei TIC ma usualmente, si osservano miglioramenti anche nei disturbi in comorbilità.

Per come è stata costruita la ricerca potrebbe essere conclusiva rispetto ai dubbi e preoccupazioni che gli studi precedenti hanno lasciato. Non solo ma potrebbe aiutare a capire se l'uso della CM nel TS può rappresentare un impedimento alla guida per i patentati.

Sappiamo che in diversi paesi si può guidare dopo 3-4 ore (a seconda dei paesi) dall'ultima assunzione di cannabis. In Italia dopo 24 ore. In Germania la CM viene assimilata agli psicofarmaci e di conseguenza è sotto la responsabilità personale riconoscere di non essere impediti alla guida oppure di esserlo perchè alterati nella propria reattività e lucidità.




Articolo Front Psychiatry . 2020 Nov 26;11:575826. doi: 10.3389/fpsyt.2020.575826.  eCollection 2020.

The CANNA-TICS Study Protocol: A Randomized Multi-Center Double-Blind Placebo Controlled Trial to Demonstrate the Efficacy and Safety of Nabiximols in the Treatment of Adults With Chronic Tic Disorders

Ewgeni Jakubovski        1       , Anna Pisarenko        1       , Carolin Fremer        1       , Martina Haas        1       , Marcus May        2       , Carsten Schumacher        2       , Christoph Schindler        2               3       , Sebastian Häckl        4       , Lukas Aguirre Davila        4               5       , Armin Koch        4       , Alexander Brunnauer        6               7       , Camelia Lucia Cimpianu        7       , Beat Lutz        8       , Laura Bindila        8       , Kirsten Müller-Vahl        1




Dal web informazioni

Dal sito: dell'Associazione Pazienti Cannabis Medica ODV  che nasce nell'aprile 2019 dall'esperienza maturata in precedenti associazioni per tutelare i DIRITTI dei malati in modo più serio ed istituzionale.

https://www.pazienticannabismedica.org/post/la-cannabis-medica-%C3%A8-la-risposta-al-trattamento-dei-tic-motori-nei-tourette


Spazio dedicato al disturbo di tourette, riporto solo alcune informazioni e raccomando di visitare il sito che contiene molte altre osservazioni su numerosi disturboi che possono avvantaggiarsi con la CM.

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dal sito:

Nel 1999, è stato condotto uno studio aperto che ha dimostrato che l'uso di una singola dose di THC non solo ha ridotto l'intensità dei tic di un paziente del 70%, ma ha anche fermato la coprolalia di questo paziente, ha stabilizzato il controllo degli impulsi, ha contribuito a migliorare la concentrazione e ha rallentato l'impulso di tic. Un altro paziente ha scoperto che l'assunzione di cannabis insieme ai loro farmaci da prescrizione ha migliorato le sue condizioni meglio di quanto non facesse da solo. Durante questo periodo di prova è stato scoperto che l'uso della cannabis ha contribuito ad aumentare la concentrazione e la capacità di concentrazione di diversi pazienti. È stato anche dimostrato che l'uso del THC aiuta ad aumentare l'efficacia dei farmaci che bloccano i recettori della dopamina, riducendo così il numero e la gravità dei tic sperimentati da un numero di pazienti. I pazienti a cui era stato diagnosticato l'OCB o un comportamento ossessivo-compulsivo hanno riportato un significativo miglioramento dei sintomi correlati a questa condizione quando si utilizzavano la cannabis per aiutare a curare la sindrome di Tourette. (7) Altri miglioramenti rilevati dai partecipanti allo studio includono:


Miglioramento della qualità della vita

Riduzione degli impulsi di tic (questo è importante perché gli attuali trattamenti farmacologici possono ridurre il tic stesso ma non l'impulso)

Minore compromissione globale (in che modo la condizione influisce sul loro funzionamento psicologico, sociale e professionale) (8)


I pazienti che usano una combinazione di THC e CBD possono sperimentare una riduzione più significativa della frequenza e della gravità dei tic a causa dell'effetto entourage.Il CBD modera gli effetti psicoattivi del THC e aiuta con insonnia, ansia, aggressività e altri fattori scatenanti che stimolano i tic. Può anche aiutare a moderare i fattori che influenzano l'intensità dei tic in alcuni pazienti.(9)


Un altro studio ha scoperto che tra i pazienti che usano la cannabis per la sindrome di Tourette, quelli che l'hanno vaporizzata o hanno usato altre forme di inalazione hanno riportato un miglioramento significativamente maggiore dei loro sintomi rispetto a quelli che usano altre forme di cannabis tra cui THC o THC / CBD tra cui spray orali, oli, e tinture. Ciò è probabilmente dovuto al metabolismo di primo passaggio e all'effetto entourage. Quando è stato intervistato dopo lo studio, l'82% dei pazienti che avevano provato la cannabis ha riportato un miglioramento dei sintomi. (10)



La sindrome di Tourette è una condizione permanente con sintomi che vanno e vengono. Molte persone con questa malattia imparano a gestire i loro sintomi per condurre una vita produttiva e soddisfacente. Mentre non esiste una cura per la sindrome di Tourette, la capacità della cannabis medica di interagire con il sistema endocannabinoide e di lavorare per ridurre al minimo gli effetti di questa condizione offre un vantaggio significativo rispetto ad altre opzioni di trattamento.



https://www.pazienticannabismedica.org/post/la-cannabis-medica-%C3%A8-la-risposta-al-trattamento-dei-tic-motori-nei-tourette

Biblio delle info riportate

7 https://www.researchgate.net/publication/233787991_Treatment_of_Tourette_Syndrome_with_Cannabinoids

8 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5447929/

9 https://growersnetwork.org/cultivation-resources/marijuana-tourette-syndrome-cannabis-therapy-treatment/

10 https://growersnetwork.org/cultivation-resources/marijuana-tourette-syndrome-cannabis-therapy-treatment/



L’uso della cannabis nella sindrome di Tourette

 Pubblicato da   

http://www.centrotourette.it/luso-della-cannabis-nella-sindrome-di-tourette/

In questo caso si avanzano dubbi sull'utilizzo. Riporto le considerazioni conclusive e le motivazioni che lasciano i due autori incerti nella valutazione di vantaggi / svantaggi della CM nel disturbo di Tourette. Segue un breve commento relativo agli svantaggi.



Considerazioni conclusive

In conclusione, la cannabis induce effetti potenzialmente dannosi a carico del sistema nervoso centrale a fronte di effetti terapeutici documentati in letteratura ma che sembrano essere legati molto verosimilmente allo stato di rilassamento e tranquillità che essa induce. A nostro avviso diventa quindi necessario, prima di passare ad un uso farmacologico della Cannabis sulla sindrome di Tourette, aumentare le nostre conoscenze scientifiche al fine di comprendere quali siano gli effetti reali della cannabis sui circuiti cerebrali colpiti dalla sindrome di Tourette, valutandone con maggiore precisione i parametri terapeutici in modo da aumentarne i benefici limitandone però i concomitanti effetti dannosi sul sistema cognitivo. Non vanno dimenticati per finire alcuni altri importanti aspetti:

1. Nella pratica clinica sono ben conosciuti i meccanismi di dipendenza da cannabis, un fenomeno molto importante e che va sempre considerato nella scelta di un trattamento e che interessa anche altre famiglie di composti ad azione terapeutica, quali per esempio le benzodiazepine.
2. A tutt’oggi, al di là delle numerose pubblicazioni sulla cannabis, mancano degli studi strutturati sotto forma di veri e propri trial clinici. Questi trial sono essenziali quando si voglia valutare in modo statisticamente accettabile l’efficacia e i potenziali effetti dannosi di un qualunque trattamento, una prassi consolidata e che viene applicata da decenni a tutti composti farmacologici, prima della loro immissione in commercio.
3. Le procedure da rispettare per ottenere “legalmente” la cannabis FM2 e FM1 non sono semplici e passano attraverso una serie di tappe ben precise che devono essere rispettate. Questo processo mette spesso in difficoltà i soggetti Tourettiani che per definizione hanno un difficile controllo degli impulsi e una bassa compliance al trattamento farmacologico. Questa condizione li porta di frequente a sviluppare comportamenti trasgressivi che passano talvolta per il mancato rispetto delle leggi e delle norme e che possono portare a condizioni di abuso cronico incontrollato con peggioramento della sintomatologia clinica.
4. L’uso illegale di cannabis porta ad un consumo di cannabinoidi senza un adeguato controllo di qualità. Purtroppo la gamma di composti illegali che possono essere assunti e che presentano una composizione molto variabile, non solo relativamente al contenuto di THC e CBD, ma anche quello delle altre molecole attive, alcune delle quali molto verosimilmente tossiche, complica tutte le problematiche legate all’uso della cannabis ed espone i pazienti Tourettiani ad importanti rischi per la salute.
5. I dati disponibili in letteratura sull’utilizzo terapeutico della cannabis nella sindrome di Tourette sono ancora troppo scarsi per arrivare a conclusioni certe. Come sempre, è fondamentale analizzare con attenzione e con spirito critico quanto pubblicato in letteratura, in modo da filtrare in modo obiettivo e senza pregiudizi supposti effetti benefici e/o nocivi della cannabis, come per un qualunque altro composto ad azione farmacologica, sia in tempi brevi che sul lungo periodo.

La nostra raccomandazione è quindi di applicare una grande cautela relativamente all’uso della cannabis nella sindrome di Tourette che deve essere comunque essere sempre somministrata in modo controllato sotto la guida di un medico specialista, nel rispetto di tutte le leggi e regolamenti vigenti, visto che: 1) essa può indurre effetti collaterali inattesi e molto significativi per quanto riguarda importanti funzioni cognitive; 2) i suoi effetti potenzialmente benefici possono essere transitori e comunque ottenibili in modo certo e controllato utilizzando altri farmaci disponibili in commercio e meglio caratterizzati dal punto di vista del beneficio e del rischio terapeutico.

Mauro Porta – Neurologo

Antonio Malgaroli – Psichiatra-Neurofisiologo


Commento personale

1) Per il problema del CUD ovvero dipendenza da CM: sappiamo che la dipendenza da sostanze è un problema che riguarda la personalità. In questo senso possono esserci diversi indicatori che aiutano nella valutazione della prescrizione così come viene fatto anche per i farmaci tradizionali. A questo proposito sappiamo che i farmaci più utilizzati non sono assenti da effetti collaterali importanti e che possono essere mal tollerati proprio per gli effetti collaterali.

2) Sono in pubblicazione articoli che potrebbero fare chiarezza rispetto ai vantaggi svantaggi così come riportato nell'articolo sopra.

Al momento la CM non può essere la prima scelta terapeutica ma considerando che fino ad oggi sulla CM hanno pesato divieti e le ricerche risentivano di questo adesso che le ricerche incominciano ad essere numerose e si conoscono maggiormente gli endocannabinoidi ed il sistema endocannabinoide si stanno aprendo notevoli possibilità di cura. In particolare l'osservazione che la CM lavorando sul sistema endocannabinoide potrebbe andare al cuore del problema visto che tra le cause si incomincia a prendere in considerazione la possibilità che vi sia un deficit del sistema endocannabinoide alla base della Tourette. Si è evidenziato anche che i recettori EC1 sono numerosi nelle aree cerebrali che sarebbero implicate nelle genesi della malattia di Tourette.

3) le procedure, i costi e la possibile mancanza di CM in effetti sono un limite all'utilizzo o almeno lo rendono insicuro. Possiamo sperare che a livello nazionale e regionale si trovino soluzioni. Ci sono già numerose persone con Tourette, anche in Italia, che stanno utilizzando vantaggiosamente la CM.

4) L'acquisto "per strada" di cannabis è da sconsigliare naturalmente per tante ragioni. Speriamo al più presto che vi sia una legge che la legalizzi così da superare le attuali difficoltà.


In ogni caso il punto 3 e 4 riportano la fotografia di una sistuazione sociopolitica da risolvere ma nulla che ostacoli l'utilizzo clinico, non sono in sostanza valutazioni rispetto a vantaggi e controindicazioni.


5) relativamente a :

        1) essa può indurre effetti collaterali inattesi e molto significativi per quanto riguarda importanti funzioni cognitive;

        2) i suoi effetti potenzialmente benefici possono essere transitori e comunque ottenibili in modo certo e controllato utilizzando altri farmaci disponibili in commercio e meglio caratterizzati dal punto di vista del beneficio e del rischio terapeutico.


Per gli effetti collaterali cognitivi: sappiamo che sono transitori in ogni caso (anche nell'uso ludico), inoltre, nell'uso terapetico, si mira alla tolleranza di alcuni effetti che possono essere anche evitati se la titolazione è graduale.

Il suggerimento di procedere con cautela è sicuramente utile, rimane il fatto che sappiamo come non sempre i farmaci tradizionali (neurolettici atipici o tipici) siano tollerati od efficaci. Inoltre gli effetti collaterali immediati ed a lungo termine dei neurolettici non sono per niente tranquillizzanti.



Kalapa Clinic è stata fondata nel 2014 come prima consultazione per il co-trattamento a base di cannabinoidi. Il direttore medico dell Kalapa Clinic, il Dr. Mariano Garcia de Palau, è stato coinvolto nella ricerca degli effetti terapeutici della cannabis per più di 15 anni, da quando ha consigliato numerosi pazienti. Indirizzo: Carrer Gran de Gràcia, 15, 08012 Barcelona, Spagna


KALAPA Il primo studio di consulenza medica in Europa specializzato in cannabis medica. Piattaforma pionieristica a livello europeo in terapie alternative con cannabis medicinale


L’azione dei cannabinoidi per alleviare alcuni sintomi della sindrome di Tourette

In contrasto con i farmaci tradizionali, studi che utilizzano i cannabinoidi per i trattamenti hanno dimostrato il loro grande potere di azione nel mitigare i sintomi relazionati a movimenti involontari, problemi muscolari, problemi metabolici, depressione ed altri.

Inoltre, altri studi dimostrano che vi è un’evidenza scientifica che indica che i cannabinoidi hanno un valore terapeutico in alcuni disturbi associati al movimento grazie a una riduzione della discinesia e ad alcune forme di tremore e distonia indotta da L-dopa nel morbo di Parkinson. I cannabinoidi potrebbero anche contribuire alla riduzione dei tic nella sindrome di Tourette e migliorare le sindromi parkinsoniane ipocinetiche. [1]

Infine, uno studio pilota condotto dal Dipartimento di Psichiatria Clinica e Psicoterapia in Germania comprendeva 12 adulti con TS che hanno mostrato un significativo miglioramento dei tic (p = 0,015), comportamento ossessivo compulsivo OCB (p = 0.041), tic motori complessi (ad es = 0,015), tic motori (p = 0,065), tic motori semplici (TSSL, p = 0,093), e tic vocali (p = 0,093) quando introdotti alla cannabis. Si è evinto che: “I risultati di questo studio consigliano che una singola dose di Delta (9) -THC sia efficace e sicura nel trattamento dei tic e OCB nella sindrome di Tourette. È dimostrato che gli effetti clinici sono causati da 11-OH-THC perché c’era una correlazione significativa tra il miglioramento tic e la concentrazione plasmatica massima di 11-OH-THC “. [2]


https://www.kalapa-clinic.com/it/patologie/sindrome-di-tourette-cannabis-terapeutica/


Bibliografia riportata nell'articolo

Bibliografia sulla sindrome di Tourette e l’uso di cannabis medicinale

1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10627163

[2] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11951146





Notizie scientifiche.it


https://notiziescientifiche.it/cannabis-medicinale-per-trattare-della-sindrome-di-tourette/

........................................

Un gruppo di ricercatori dell’università di Sydney, in collaborazione con il Wesley Medical Research di Brisbane, sta tentando proprio di indagare se la cannabis può essere utilizzata per trattare le persone con sindrome di Tourette. Le sperimentazioni avverranno su vari partecipanti, ad alcuni dei quali verrà somministrata cannabis terapeutica mentre ad altre sostanze placebo.

Iain McGregor, direttore della Lambert Initiative for Cannabinoid Therapeutics presso l’università di Sydney, afferma che, benché esistano già prove riguardo a soluzioni efficaci per il trattamento della sindrome di Tourette con i cannabinoidi, uno studio come questo, rigoroso, metodologicamente corretto ed eseguito direttamente sui pazienti, potrebbe comunque avere un impatto importante.

Non si tratta in ogni caso di una soluzione per la cura della sindrome di Tourette (attualmente non esiste una cura conosciuta) ma più che altro un metodo per contrastare i tic che rappresentano uno dei problemi principali di questa patologia e che per molti pazienti possono inibire e rendere difficoltosa anche la vita quotidiana.

I farmaci esistenti attualmente per la riduzione o il contrasto ai tic hanno vari effetti collaterali negativi, come aumento di sonnolenza, depressione e peso. I ricercatori sperano dunque che una soluzione a base di cannabinoidi possa essere più efficiente in tal senso.
Nei test la cannabis che verrà utilizzata conterrà una miscela di cannabidiolo (CBD) e tetraidrocannabinolo (THC), due principi attivi che derivano proprio dalla pianta di cannabis.

Fonti e approfondimenti

Can medicinal cannabis treat the tics in Tourette syndrome? – The University of Sydney (IA)









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Nuovo paragrafo

L’uso di cannabis nei disturbi infiammatori intestinali. (IBD)



L’uso di cannabis nei disturbi infiammatori intestinali. (IBD)

Secondo Scott et al. 2020, rimane ancora difficile definire il reale ruolo che I cannabinoidi possono svolgere in questi disturbi. L’autore evidenzia un utilizzo diffuso e più spesso spontaneo, anche in età evolutiva, dei cannabinoidi per alleviare i disturbi connessi alle malattie infiammatorie come dolori crampiformi e inappetenza. I disturbi influenzano spesso negativamente il riposo notturno e la cannabis viene spesso utilizzata anche per contrastare l’insonnia. (1)

Vi è un notevole interesse riguardo al potenziale antidolorifico e antiinfiammatorio della cannabis modulato dei recettori EC1 ed EC2 (2)

Sono state svolte ricerche su modelli murini che sembrano mostrare un effetto diretto sull’infiammazione nei disturbi infiammatori intestinali come nel morbo di Crohn e nella Colite ulcerosa. (3)

Nell’articolo che ripercorre ricerche pubblicate precedentemente si evidenziano miglioramenti anche dell'indice Harvey Bradshaw (4) cosa mostrata anche in altra ricerca dove si è però evidenziato che l’indice di infiammazione con la Proteina C reattiva non si era modificato. (5)

Altre ricerche randomizzate hanno mostrato miglioramenti come la remissione clinica nel 41% contro il 10% di chi assumeva placebo. Come per gli studi osservazionali precedenti, non è stato riscontrato alcun miglioramento significativo nei marcatori sistemici dell'infiammazione, come PCR, leucocitosi o emoglobina.(6) Con il solo CBD non sono stati raggiunti gli stessi risultati ma il dosaggio di CBD utilizzato è stato molto basso (10mg/die) (7)

Sulla base di questi dati, sembra che l'uso di cannabis possa migliorare sintomi come il dolore addominale, ma potrebbe non avere un impatto sulla cascata infiammatoria sottostante nell'IBD.

In altra ricerca (8) viene segnalato che il 97% dei pazienti con colite ulcerosa e l'82% dei pazienti con MC che utilizzavano attivamente la marijuana ritenevano che avesse un impatto positivo sui sintomi correlati all'IBD. Le persone intervistate hanno ritenuto che l'uso di marijuana avesse il più grande beneficio positivo su dolore addominale, stress, crampi, problemi legati al sonno e ansia. Circa la metà degli utenti attivi ha anche notato riduzioni nell'uso di analgesici legati al loro uso di marijuana.

Ci sono anche dati limitati sulla reale prevalenza del consumo di cannabis tra i pazienti con IBD. Il consumo potrebbe essere sottostimato, infatti, più spesso i pazienti ricorrono spontaneamente all’uso della cannabis e non sempre sono disposti a dichiararlo specie se si trovano in una situazione di illegalità. In una ricerca svolta su minori e giovani adulti (13-23 anni) si è evidenziato che nel gruppo che aveva dichiarato di non assumere cannabis (32%) in realtà il 51% risultava positivo al THC agli esami ematici. Quindi dei 99 pazienti indagati oltre l’80% assumeva od aveva assunto cannabis nell’ultimo periodo. (9)

Anche nella ricerca di Hansen et al. (10) si evidenzia l’uso spontaneo di cannabis per contrastare i sintomi della IBD.

In definitiva si può concludere che: l’uso spontaneo di cannabis nel caso di IBD è elevato e l’assunzione viene fatta principalmente per ridurre i sintomi associati al disturbo. Nella ricerca di Storr M 2014 (11) viene anche segnalato che non vi sarebbe un miglioramento, nel tempo, della prognosi del MC.

Non vi sono al momento significative dimostrazioni che la cannabis possa ridurre il processo infiammatorio sottostante la IBD. Da notare che gli EC2 particolarmente presenti a livello intestinale da questo punto di vista potrebbero rispondere più efficacemente al CBD ma, al momento, l’unica ricerca che l’ha utilizzato ha proposto un dosaggio molto basso 10mg/die e, comprensibilmente, non vi sono stati vantaggi clinici.(7)

Potrebbe essere utile indagare se dosaggi più consistenti di CBD possono effettivamente avere un ruolo nel migliorare anche gli indici infiammatori della IBD.

In considerazione dell’uso diffuso della cannabis tra i pz affetti da IBD si consiglia di parlarne apertamente, di informare i pazienti che al momento la cannabis ha un ruolo nella riduzione dei sintomi ma non avrebbe un’azione antiinfiammatori e per questo è necessario mantenere le terapie associate. (1) Importante informare, anche, dei rischi potenziali della cannabis.

Conclusione

L’uso spontaneo della cannabis in corso di IBD suggerisce un ruolo significativo della cannabis; al momento è riconosciuta l’efficacia soggettiva come sintomatico. Le persone sofferenti di IBD ricorrono nella grande maggioranza dei casi all’uso spontaneo, non concordato con il curante e per questo è importante un confronto aperto sull’argomento. Anche in considerazione delle potenziali interferenze farmacologiche con i farmaci prescritti dal curante. (Potenziamento o rischio tossicità dei farmaci associati in relazione al rallentamento del loro metabolismo).

Per limitare i potenziali effetti collaterali legati al solo uso del THC, sembra più ragionevole utilizzare cannabis che oltre al THC contenga anche CBD. Per il cannabidiolo utilizzato da solo in IBD non abbiamo significative informazioni sebbene una recente ricerca suggerisca l’uso di cannabinoidi non psicoattivi, CBD ed altri, come nutraceutici, potenzialmente preventivi ai disturbi infiammatori intestinali. (11)

 

Aggiungo un’osservazione personale come consulente psichiatra del centro pediatrico che si occupa dei disturbi infiammatori intestinali. L’intervento psichiatrico è richiesto nelle situazioni più gravi e comprensibilmente le ripercussioni psicologiche sono direttamente proporzionali alla gravità del disturbo oltre che alle caratteristiche del minore. Nelle situazioni più gravi normalmente viene utilizzato un neurolettico come olanzapina e risperidone. Si scelgono i neurolettici che aumentano l’appetito e riducono consistentemente l’ansia. Sono note le possibili problematiche determinate dai neurolettici nel tempo.

 

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Storia della cannabis medica


                                       14.000 anni di canapa italiana

Mappa di Giorgio Samorini. Le date riportate sono collegate a ritrovamenti di cannabis databili come indicato nella mappa. L’autore è un noto ricercatore attivo nel campo dell’etnobotanica e dell’etnomicologia da oltre 30 anni. Conosciuto in tutto il mondo per aver studiato le relazioni di vari popoli con le droghe facendo notevoli scoperte. Il suo libro più famoso è “Animali che si drogano”. Tratto da:    https://www.dolcevitaonline.it/14-000-anni-di-canapa-italiana/

Dall'articolo citato:

"Quindi, la canapa è presente in Italia da almeno 13.500 anni, e ciò a discapito di quanto continuano a riportare diversi studiosi stranieri, ancora convinti che questa pianta sia stata portata dall’uomo dall’Asia in Europa in periodi posteriori. La realtà è che la canapa è presente da sempre, o per lo meno da un certo “sempre”, in Europa e nel Mediterraneo, così come in Asia.

Per i periodi successivi, siamo a conoscenza di ritrovamenti neolitici di polline di canapa in contesti perlopiù antropici, a indicazione di una sua probabile coltivazione. È il caso, ad esempio, del recente ritrovamento di polline di canapa in tre siti del Neolitico Medio (4500-4000 a.C.) dell’Emilia-Romagna, localizzati nelle aree attualmente occupate dai centri urbani di Piacenza (località Le Mose), Parma (via Guidorossi) e Forlì (via Navicella) (Marchesini et al., 2011-13), mentre in Lombardia la sua presenza è testimoniata a partire dal 5000 a.C. nei pressi di alcuni laghi: Annone (Lecco), Alserio (Como), Garda (Brescia), oltre al lago trentino di Ledro".


Storia degli usi medici della cannabis

 

Le informazioni che seguono sono ricavate da diverse fonti. Mi preme però ricordare, come fonte, il libro “ERBA MEDICA” ed. stampa alternativa 2002, sempre molto interessante e stimolante nonostante la data di pubblicazione non recentissima.

Altri testi sono citati nel corso della presentazione oltre alla bibliografia.

 

La storia della canapa si intreccia strettamente con la realtà sociale ed economica umana. La canapa ha accompagnato importanti produzioni agricole per tessuti, alimentazioni, costruzioni e per la salute come cura in diversi disturbi ed infine per facilitare pratiche spirituali.

Vi sono controversie sull’origine della canapa: un team di ricercatori sostiene di aver scoperto il punto esatto da cui si sviluppò la cannabis.

 La cannabis si sarebbe sviluppata circa 28 milioni di anni fa, dopo l’estinzione dei dinosauri (datata a circa 65 milioni di anni or sono) e più di 25 milioni di anni prima dell’apparizione dei primi ominidi. Lo sostiene un team di ricercatori dell’università del Vermont, che ritiene di aver individuato il primo ceppo di cannabis.

Secondo i ricercatori la cannabis si sarebbe sviluppata sull’altopiano del Tibet, in Asia centrale, vicino lago Qinghai, posto a 3.200 metri sul livello del mare. Su quali basi lo sostengono? I ricercatori hanno analizzato una serie di pollini antichissimi ritrovati in Asia centrale, differenziandoli da quelli – strutturalmente molto simili – del Luppolo. Tra quelli certamente di cannabis il più antico è stato appunto ritrovato in prossimità del lago Qinghai e, in base alle analisi, considerato databile a 28 milioni di anni fa.

Considerando che la gran parte degli studiosi considerano quasi certo che la cannabis si sia sviluppata in Asia centrale e da qui si sia successivamente diffusa nel resto del pianeta, ne hanno dedotto che vi sia ragionevole probabilità che i pollini tibetani siano i più antichi dell’intero pianeta.

Sicuramente serviranno altre ricerche per dire la parola fine sulla controversa origine della canapa, ma la ricerca aggiunge un nuovo appassionante tassello. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Vegetation History and Archaeobotany. [Published: 14 May 2019 Cannabis in Asia: its center of origin and early cultivation, based on a synthesis of subfossil pollen and archaeobotanical studies John M. McPartland, William Hegman & Tengwen Long Vegetation History and Archaeobotany volume 28, pages691–702(2019)]

La pianta di cannabis ha ottenuto particolare attenzione in Cina.

Nominata per la prima volta nell'erbario pubblicato durante il regno dell'imperatore Shen Nung, 2737 a.C. - oltre 4500 anni fa – la cannabis viene consigliata per trattare casi di "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e disturbi mentali."

Il trattato medico Erh - Ya, compilato tra il 1200 e il 500 a.C., la chiama "Ta -Ma", grande pianta, raffigurandola con un ideogramma composto da un uomo adulto (Ta) sopra una pianta da fibra (Ma), ad indicare la forte relazione simbiotica già allora esistente tra cannabis ed esseri umani. Verso il 200 a.C. Hua T'o parla delle sue notevoli virtù analgesiche per operazioni chirurgiche e nel IV - V secolo a.C. i contadini la usano per pagare le tasse al Governo centrale. Intorno al 100 a.C. inizia la produzione di carta a base di canapa e negli archivi di Tung kuan (28 d.C.) si legge che la cannabis veniva usata come cibo in tempi di carestia.

Nel X secolo, T’ang Shen-wei scrive che essa “ usata nelle malattie da deperimento e nelle ferite; purifica il sangue e abbassa la temperatura; riduce i flussi; risolve il reumatismo; scarica il pus. Se presa in eccesso produce allucinazioni e rende barcollante il passo.” (1)

In India, la cannabis è citata nell’Atharvaveda, (2) testo sacro che risale al secondo millennio avanti Cristo, come “pianta che libera dall’ansia”. Fu usata da diverse scuole della medicina tradizionale indiana fino ai nostri giorni. Come riassumerà J.M. Campbell, nella sua nota acclusa al famoso Indian Hemp Drugs Comission Report (1893 -4), la bhang (3) cura in primo luogo la febbre agendo “non direttamente, ovvero fisicamente, come un farmaco ordinario, ma indirettamente, ovvero spiritualmente, calmando gli spiriti rabbiosi a cui la febbre è dovuta”. Inoltre “raffredda il sangue caldo, provoca il sonno negli ipereccitati, dona bellezza e assicura lunga vita. Cura la dissenteria e i colpi di calore, purifica il flegma, accelera la digestione, stimola l’appetito, corregge la pronuncia nella blesità, rinfresca l’intelletto, dona vivacità al corpo e gaiezza alla mente”. Ma: “la ganja in eccesso provoca ascessi, o anche pazzia”. (4)

In Europa

La cannabis è citata in antichi testi assiri, egizi, persiani ed è ben conosciuta anche dalla medicina greco-romana. (5) La Materia medica di Dioscoride, l’erbario più importante dell’antichità contiene la più antica raffigurazione conosciuta della pianta. Dioscoride la raccomanda per mal d’orecchi, edemi, itterizia e altri disturbi. Secondo Galeno (II sec. D. C.) le preparazioni di canapa sono utili contro le flatulenze, il mal d’orecchi e tutti i tipi di dolore. Però, se si esagera con le dosi, “colpiscono la testa, immettendovi vapori caldi e intossicanti”.

Dioscoride ignorava gli effetti psicotropi della cannabis. E come lui Plinio che, pur citandola almeno quattro volte, nella Storia Naturale non stabilisce alcun nesso tra la canapa e le herbae magicae, le piante psicoattive di cui parla nel libro XXIV. (Storia della canapa indiana. Breve ma veridica.  Danile Piomelli  Stampa Alternativa 1995).

In Europa, prima della prima metà dell’Ottocento, troviamo solo segnalazioni isolate del suo uso come farmaco, Garcia da Orta, medico portoghese in servizio presso il viceré di Goa, in India, la cita nel suo: “Colloqui sui semplici e sulle droghe dell’India” (1563) come stimolante dell’appetito, sonnifero, tranquillante, afrodisiaco e euforizzante. Anche Cristobal Acosta ne parla in “Sulle droghe e le medicine delle Indie orientali” (1578). L’inglese Robert Burton, nel famosissimo “Anatomia della melanconia” (1621), ne suggerisce l’utilità in quella che oggi chiameremmo “depressione”.

Fra il 1600 e il 1800, la cannabis viene regolarmente citata nei testi medici e farmaceutici. Nel 1682, il New London Dispensatory dice che essa “cura la tosse e l’itterizia ma riempie la testa di vapori”. Nel 1794 l’Edinburgh New Dispensary offre un’ampia panoramica sui suoi possibili usi e chiude la trattazione con parole lungimiranti: “Benché solo i semi siano stati finora prevalentemente in uso, altre parti della pianta sembrano più attive, e possono essere considerate meritevoli di ulteriore attenzione”. Vent’anni dopo, Nicholas Culpeper, all’epoca il più importante studioso di piante medicinali, nel suo Erbario completo (1814), dà un quadro aggiornato degli usi medici della cannabis, a partire da quelli indicati da Galeno.

Primi passi verso la medicina moderna

Fino all’inizio dell’Ottocento, in anni in cui la medicina “scientifica” doveva ancora nascere, la cannabis, come tutte le altre “droghe” conosciute, viene usata praticamente solo sulla base di ricette derivate dalla tradizione e dalla medicina popolare. Ma, verso la metà del secolo, si risveglia anche l’interesse di medici con un nuovo, più razionale approccio alla loro arte.

Tre opere segnano autorevolmente i nuovi sviluppi. Un importante articolo pubblicato nel 1838 nelle “Transactions of the Medical and Physical Society of Bengal (6) da William O’Shaughnessy, medico irlandese trapiantato in India, e due libri pubblicati in Francia, Della peste o tifo d’oriente seguito da un saggio sull’hachisch (1843) di L. Aubert-Roche, e Dell’hachisch e dell’alienazione mentale (1845) di J.J. Moreau de Tours.

L’articolo di O’Shaughnessy, basato sulla millenaria esperienza indiana, mantiene ancora oggi un grande interesse. Dopo un’ampia panoramica sulla letteratura, l’autore presenta in dettaglio gli effetti della cannabis in diverse malattie: reumatismo acuto e cronico, idrofobia, colera, tetano e convulsioni infantili. Riferisce ovviamente sul “delirio” causato dall’intossicazione cronica, e riporta i metodi di preparazione e i dosaggi consigliati nei vari casi. Invece, i due testi francesi si occupano di aspetti più specifici. Aubert-Roche parla dell’uso di hachisch contro la peste, oltre che dell’uso voluttuario come sostanza inebriante. Moreau, che di mestiere fa lo psichiatra, lo considera sia un farmaco efficace in varie malattie mentali (melancolia, ipomania, e malattie mentali croniche in genere), sia uno strumento di indagine della mente. Risalgono a questo periodo anche le prime esperienze e pubblicazioni scientifiche italiane sulla cannabis, scrupolosamente ripercorse da Giorgio Samorini in un bellissimo libro che è per gli studiosi un esempio di come si può e si deve fare ricerca storica, e che merita di essere letto da tutti gli interessati all’argomento. (7)

Solo a partire da quest’epoca si può dire che l’uso medico della cannabis conosca una certa diffusione anche in occidente. Estratti e tinture a base di cannabis compaiono nelle farmacie e vi rimarranno fino alla seconda guerra mondiale e oltre.

Un grande interesse

Fra il 1840 e il 1900, secondo il documentato testo di Walton (1938), furono pubblicati più di 100 articoli sugli usi medici della cannabis. (8) nel 1854, la cannabis viene inclusa nello U.S. Dispensatory: “L’estratto di canapa è un afrodisiaco, che stimoli l’appetito e che occasionalmente induca uno stato di catalessi. …,[La canapa] produce il sonno, allevia gli spasmi, calma l’irrequietezza nervosa, allevia il dolore. … [Come analgesico] differisce dall’oppio perché non diminuisce l’appetito non riduce le secrezioni e non provoca stitichezza. I disturbi per i quali è stata specialmente raccomandata sono le nevralgie, la gotta, il tetano. L’idrofobia, il colera epidemico, le convulsioni. La corea, l’isteria, la depressione mentale, la pazzia, e le emorragie uterine”. (9)

Nel 1886, H.C.J. Wood, nel suo importante trattato medico, (10) testimonia che la Cannabis indica è usata soprattutto “per il sollievo dal dolore; … per calmare stati di irrequietezza e malessere generale; per alleviare le sofferenze in malattie incurabili, come tisi all’ultimo stadio; e infine come blando sonnifero”. Secondo H.A. Hare, (11) la cannabis è paragonabile all’oppio per efficacia analgesica, ed è particolarmente utile nell’emicrania (in cui agisce anche come profilattico), oltre che nelle nevralgie, nella tosse irritativa e nella tisi. Inoltre, sarebbe un efficace anestetico locale, particolarmente in odontoiatria. Anche il Lancet del 3 dicembre 1887 raccomanda l’uso di canapa indiana “notte e giorno, e continuato per un certo tempo” come “il miglior rimedio disponibile nel trattamento della cefalea persistente”. (12) Più di vent’anni dopo, anche William Osler, uno dei padri della medicina moderna, la ritiene “probabilmente il rimedio più soddisfacente” per l’emicrania, (13) mentre molti medici sono “particolarmente entusiasti riguardo al valore della cannabis nella dismenorrea e nella menorragia”. (14)

Nel 1890, J.R. Reynolds riassume sul Lancet trent’anni di esperienza con la cannabis. La giudica molto utile nell’insonnia senile accompagnata da irrequietezza; “in quasi tutte le malattie dolorose” e nelle nevralgie, inclusa la nevralgia del trigemino, nonché nella tabe, nell’emicrania e nella dismenorrea; molto efficace negli spasmi muscolari (ma non nelle convulsioni epilettiche). Al contrario, di incerto o nessun valore nella depressione, nella mania e nel delirio alcolico. (15)

In Italia, fino a pochi decenni fa, erano previsti dalla Farmacopea Ufficiale sia l’estratto che la tintura di Cannabis indica. Le indicazioni erano alquanto varie: per esempio, secondo il prof. P.E. Alessandri, (16) la canapa indiana “usasi nel tetano, nelle nevralgie, isterismo, emicrania, reumatismo, corea, asma e in molte altre malattie non escluso il colera, dando però quasi sempre risultati contraddittori”. Pietro Mascherpa (17) afferma che essenzialmente si tratta di “un medicamento cerebrale e precisamente un analgesico analogo all’oppio e alla morfina”, che può avere più o meno gli stessi usi di questi. Mascherpa riconosce però che la farmacologia della cannabis è “poco conosciuta”, e il suo uso per varie ragioni “piuttosto limitato”. Egli riporta anche i dosaggi massimi per l’estratto di canapa indiana F.U.: 0,05 g per dose e 0,15 g per giorno.

Il citato libro di Giorgio Samorini: “L’erba di Carlo Erba. Per una storia della canapa indiana in Italia 1845-1948” è estremamente interessante per le sperimentazioni che descrive. L’autore sottolinea che può sembrare strano e sorprendere il fatto che la storia della canapa in Italia e in Europa nei secoli e nei millenni precedenti l'Ottocento sia ancora pressoché tutta da scrivere, come hanno desolatamente confermato le sue più recenti ricerche, che ha riassunto in un capitolo iniziale della nuova edizione: "L’Erba di Carlo Erba". La canapa sembra essere stata scoperta e dimenticata a più riprese, dal Neolitico al Rinascimento europeo, e la sua ultima "scoperta" in ordine cronologico prese spunto dalla campagna napoleonica d'Egitto del 1798. Oltre ai duemila cannoni che servirono per sbaragliare il malnutrito esercito dei Mamelucchi nei pressi delle Piramidi, Napoleone si era portato con sé una nave piena di scienziati, i quali tornarono a Parigi con una nave ancor più piena di refurtiva archeologica - che fa oggi parte del Museo del Louvre - e con un discreto insieme di campioni e prodotti vegetali, fra cui la psicoattiva ninfea azzurra, che era l'afrodisiaco per eccellenza delle donne faraoniche, e il dawa, un ammasso verdastro resinoso a base dell'ancor più psicoattiva canapa indiana. Nel giro di alcuni decenni a Parigi iniziarono i primi studi medici di questa "nuova droga", e iniziarono anche le prime poetiche esperienze dei membri del Club des Haschischins, diversi dei quali lasciarono memorabili testi letterari, quali: “Club dei mangiatori di haschisch di Théophile Gautier” (1846) e “I paradisi artificiali di Charles Baudelaire” ( 1860). Da Parigi la conoscenza dell'haschisch si diffuse a macchia d'olio nel resto dell'Europa, diffusione guidata principalmente dall'ambiente medico, in Inghilterra, in Germania, in Spagna. E in Italia? Quanto era accaduto in Italia era rimasto nell'oblio, sepolto dalla coltre di odio dettata dal Ministero della Guerra mussoliniano. Così descrive G. Samorini il recupero di informazioni sull’uso della cannabis in Italia: “Furono le mie alzate mattutine dell'inverno 1995-96 e i "ritorni dall'Ottocento" con le mani nere che permisero di risollevare un velo, per lo meno parziale, sulla storia cannabinica italiana, una storia tutta medica. Per leggere la storia della cannabis medica in Italia tra il 845-1948 si rimanda alla lettura del libro.

Riporto solo un brevissimo passaggio che riguarda l’attività del farmacista Carlo Erba.

“Carlo Erba, dal lontano 1849, non aveva mai smesso di commercializzare prodotti farmaceutici a base di cannabis indica. Il timore per la tossicità della canapa indiana a certi dosaggi, e quindi per la sua pericolosità, comune fra i medici milanesi, verrà dissipato solo nel 1860, a seguito di una temeraria auto sperimentazione di Polli con un' elevata dose di hashish. Pag. 41

Carlo Erba nei primi anni del '900 lancia un nuovo medicinale, il Micranol, il cui principale principio attivo era il tannato di cannabina. I cachets di Micranol erano indicati in tutte le forme di nevralgie semplici, nelle nevralgie facciali, occipitali, bracchiali e intercostali, e nelle cefalee (Erba, 1907). Un certo dottor L. Milanesi asseriva di avere prescritto questo farmaco nelle forme di cefalea "abituale o nervosa”. Ne consigliava un cachet ogni sera, prima di andare a dormire (Milanesi, 1907:76)”. Pag 129

 

Nei testi che ho potuto consultare, compreso quello di Samorini, non ho trovato indicazioni storiche per l’uso pediatrico della cannabis salvo l'uso nel caso di convulsioni infantili. (Transactions of the Medical and Physical Society of Bengal (6) da William O’Shaughnessy)

Se consideriamo la storia recente della cannabis l’impulso più importante almeno per la cannabis medica e l’uso terapeutico credo possa essere attribuito ai genitori di una bambina: Charlotte Figi (Colorado Springs, 18 ottobre 2006 – Colorado Springs, 7 aprile 2020). (18,19)

Nata, con una sorella gemella, da Paige e Matt Figi, (20) Charlotte ebbe il suo primo attacco di convulsioni, della durata di 30 minuti, a soli tre mesi di vita. (21)

Alla bambina fu diagnosticata la sindrome di Dravet e, quando ebbe 5 anni, Charlotte dovette iniziare ad usare una sedia a rotelle per muoversi, essendo anche arrivata a sperimentare fino 300 crisi tonico-cloniche alla settimana e ad avere problemi di linguaggio. (22)

Nel 2012, Paige Figi, dopo aver provato varie cure per la figlia, iniziò ad informarsi circa un trattamento a base di cannabidiolo, un metabolita della Cannabis sativa famoso per i suoi effetti rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti e antinfiammatori, a cui sottoporre Charlotte. (23) Paige riuscì così a convincere due medici a prescrivere il trattamento alla figlia e Charlotte iniziò ad assumere olio di cannabidiolo proveniente da un tipo di marijuana chiamato "Hippie’s Disappointment", contenente un basso livello di THC, (22) che sarà poi ulteriormente modificato e battezzato "Charlotte's Web" proprio in onore della ragazzina. (23) Con l'uso dell'estratto di Charlotte's Web, Charlotte sperimentò sin da subito un miglioramento delle proprie crisi, che passarono dall'essere 300 a settimana fino a un minimo di 2 o 3 al mese. (24)

Mentre l'uso medico della cannabis era ancora illegale nella maggior parte degli Stati degli USA, quando le notizie sui successi della terapia intrapresa da Charlotte si diffusero, moltissime famiglie che avevano una persona affetta da malattie simili a quelle di Charlotte si trasferirono a Colorado Springs, in Colorado, dove già dal 2000 era consentito l’uso di cannabis medica per alleviare spasmi, convulsioni e crisi epilettiche. (25,26) Così, grazie alla sua storia, Charlotte Figi divenne nota a livello mondiale e i media iniziarono a interessarsi alla sua vicenda. (24) Nel 2013, ad esempio, la ragazzina fu protagonista del documentario Weed, realizzato dal neurochirurgo statunitense Sanjay Gupta e trasmesso dalla CNN, (27) diventando una delle figure più note del movimento statunitense e internazionale per la legalizzazione dell'uso della cannabis a scopo terapeutico. (28) La vicenda di Charlotte fu presa ad esempio nella stesura di diverse leggi a riguardo ed anche grazie a lei e alla sua famiglia, al momento della sua morte, avvenuta nell'aprile del 2020, in USA erano 34 gli Stati ad aver legalizzato la cannabis in medicina e 47 quelli ad aver ammesso l’uso di cannabidiolo. (24,26)

Charlotte Figi è morta il 7 aprile 2020, all'età di 13 anni. Stando a quanto riferito dalla madre, nel mese precedente la ragazzina aveva mostrato i sintomi di una malattia simil-influenzale e i medici avevano consigliato alla famiglia di autoisolarsi. I sintomi peggiorarono e il 3 aprile Charlotte fu portata in ospedale dove fu sottoposta a un tampone per verificare che non fosse affetta da COVID-19. Il tampone diede esito negativo ma la ragazza fu comunque trattata come un caso di sospetto COVID-19 venendo ricoverata in terapia intensiva, finché il 5 aprile, in seguito a un miglioramento delle sue condizioni di salute, la ragazza fu dimessa. Purtroppo, però, il 7 aprile i sintomi di Charlotte sono peggiorati drasticamente e, sebbene ricoverata d'urgenza, la ragazzina è morta in ospedale. (27, 28)

Successivamente per le forme di epilessia farmaco resistente anche in altri paesi come il Messico è stato possibile accedere ad estratti di cannabis per curare i bambini affetti.

 

 

Bibliografia

1 Per la storia antica, si vedano soprattutto Walton, R.P., 1938; Li, H.L., “The Origin and Use of Cannabis Eastern Asia: Their Linguistic-Cultural Implications”. In : Rubin, V., (a cura di ) 1975, pp. 51 – 62; e Abel, E.L., 1982

2  Il quarto libro dei Veda, La scienza degli incantesimi.

3 In India. Le preparazioni classiche della cannabis sono numerose, ma le principali sono tre: ganja, le infiorescenze femminili mature essiccate con la loro resina; charas, la resina concentrata; bhang, preparazioni di ganja e spezie secondo varie ricette. Le prime due si fumano, la terza si usa in bevande a base di latte o in pillole, ed è quella generalmente usata in medicina.

4 Report of the Indian Hemp Drugs Commission 1893 – 1894, App. III), (reprint: Silver Spring, Thomas Jefferson 1969) pp. 490-1. Secondo J. Bouquet, in India si fa ancora ai nostri giorni “molto uso di Cannabis come sedative, ipnotico, analgesico, antispastico e antiemorroidario°” (“The Cannabis Problem”, in : Bull. On narcotics, 14 (4):27, 1962).

5 Dall’Asia, la canapa arrivò in Europa almeno 2500 anni fa. Le principali fonti sono Walton, 1938, e Abel, 1982.

6  “On the Preparations of the Indian Hemp. Or Gunjah”(volume 8, pp. 421 -61). L’articolo è stato ristampato in : Mikuriya, T.H. ( a cura di), 1972.

7  Samorini, G., L'erba di Carlo Erba. Per una storia della canapa indiana in Italia (1845-1948), Nautilus, Torino, 170 pp. 1996.

8 Walton Robert Petrie, 1938, p. 152. Marihuana : America's new drug problem /Philadelphia

9 Wood, G. B., Bache, F., The Dispensatory of the United States, Philadelphia, Lippincott, Brambo & Co., 1854 (citato da Abel, 1982, pp. 182 -3)

10 Wood, H.C.J., Treatise on Therapeutics, (6th ed.), Philadelphia, J. B. Lippincott & Co., 1886 (cit. da Snyder, S. H., 1971, p.9).

11 “Clinical and Physiological Notes on the Action of Cannabis Indica”, in: The Therapeutic Gazette, vol. 11, 1887, pp. 225 -228, (ristampato in : Mikuriya, 1972, pp. 293-300).

12 Cit. da Snyder, 1971, p. 10.

13 Osler, W., McCrae, T., The Principles and Practice of Medicine, (8th ed.), New York, D. Appleton & Co., 1916. Tuttavia, in una successive edizione (1953), l’efficacia appare agli Autori più dubbia (cit. da: Walton, 1938, p.154).

14 Walton, 1938, p.155.

15 Reynolds, J. R., “Therapeutic Uses and Toxic Effects of Cannabis Indica”, in: Lancet, vol. 1, 1890, pp. 637 – 638 (March 22), (ristampato in : Mikuriya,    1972, pp. 145 -9).

16 In: Droghe e piante medicinali, (2a ed.), Milano, Ulrico Hoepli, 1915, p. 144.

17 In. Trattato di farmacologia e farmacognosia, Milano, Ulrico Hoepli, 1949, pp.  425 – 6.

18 Minyvonne Burke, Charlotte Figi, girl with severe seizures that inspired CBD treatments, dies at 13, in NBC News. URL consultato il 10 aprile 2020.

19 Emanuela Longo, Charlotte Figi morta: Coronavirus? 13enne ispirò legge su uso cannabis terapeutica, in Il Sussidiario, 10 aprile 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.

20 Saundra Young, Marijuana stops child's severe seizures, in CNN, 7 agosto 2013. URL consultato il 10 aprile 2020.

21 Charlotte's Web, Canna Connection. URL consultato il 10 aprile 2020.

22 Colleen Slevin, Girl Who Inspired Charlotte's Web Marijuana Oil Dies, The Associated Press, 8 aprile 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.

23 Dave Philipps, Bid to Expand Medical Marijuana Business Faces Federal Hurdles, in The New York Times, 23 agosto 2014. URL consultato il 10 aprile 2020.

24 Hannah Osborne, Charlotte Figi: The Girl Who is Changing Medical Marijuana Laws Across America, in International Business Times, 20 giugno 2014. URL consultato il 10 aprile 2020.

25 Nicholas Riccardi, Families with seizure-stricken kids move to Colo. for medical pot, in SummitDaily, 21 febbraio 2014. URL consultato il 10 aprile 2020.

26 Mario Catania, Charlotte, la bimba che ha cambiato il volto della cannabis medica, portata via dal Coronavirus, Cannabis Terapeutica, 8 aprile 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.

27 Julia Naftulin, Charlotte Figi, the girl who spurred a cannabis movement that changed laws across the world, dies at 13 after being treated as 'a likely COVID-19 case', in Business Insider, 8 aprile 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.

28 John Ingold, Charlotte Figi, the Colorado girl who inspired the CBD movement, dies following illness suspected to be coronavirus, in The Colorado Sun, 8 aprile 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.


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“Si tratta di una scoperta altamente tecnica, ma importante. È il primo studio di questo tipo a dimostrare che l’abbassamento dei livelli di anandamide ha conseguenze negative sul comportamento emotivo“.



In lingua inglese si trova tantissima letteratura.

Un articolo, in controtendenza è il seguente, gli autori ricordano come la condizione di PTSD favorisca l'uso e la dipendenza da cannabis e sono fortemente contrari all'uso della CM per la cura del PTSD.:

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